A partire da luglio 2021, l’Italia sarà il primo Paese europeo a produrre internamente il vaccino anti-Covid Sputnik V. Lo annuncia la Camera di commercio italo-russa, spiegando che dopo mesi di trattative è stato firmato un accordo tra il Fondo governativo per gli investimenti diretti (Rdif) di Mosca e Adienne Pharma&Biotech. La multinazionale con sede in Svizzera punta con la sua succursale brianzola a consegnare già entro la fine dell’anno “10 milioni di dosi“. Una fornitura che sulla carta potrebbe dare un’ulteriore accelerazione alla campagna di somministrazione, ma è subordinata al via libera dell’Ema al vaccino. L’autorità europea ha infatti iniziato solo da poche settimane la cosiddetta fase di “rolling review”, preliminare all’autorizzazione. E sono ancora molti i dubbi di Bruxelles sull’efficacia e la sicurezza di Sputnik V. Solo nelle scorse ore la presidente del Cda di Ema, Christa Wirthumer-Hoche, ha definito il farmaco una “roulette russa“, sconsigliando ai Paesi europei di ricorrere all’autorizzazione di emergenza visto che, a suo dire, al momento i dati sulle persone vaccinate sono insufficienti. Parole che hanno suscitato l’immediata reazione di Mosca e la richiesta di scuse pubbliche.

In Italia un primo giudizio favorevole a Sputnik è arrivato dallo Spallanzani di Roma, che ha analizzato i dati pubblicati il 2 febbraio scorso sulla rivista The Lancet dal Gamaleya Research Institute, l’ente di ricerca statale russo che ha sviluppato il vaccino in collaborazione col ministero della Difesa. È anche sulla base del loro parere che l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, venerdì scorso ha chiesto formalmente al governo di appoggiare l’idea di produrre il siero in Italia dopo una serie di incontri con le autorità russe. “La direttrice del Dipartimento dello sviluppo dei progetti sanitari del Fondo russo di investimenti diretti Nina Kandelaki ha dato la disponibilità sia all’opzione delle dosi, che a facilitare il dialogo per sviluppare la produzione del vaccino, ringraziando per la cooperazione scientifica tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca che firmeranno un protocollo d’intesa scientifico per una collaborazione stabile tra i due Istituti“, ha spiegato D’Amato in quella sede.

Ora è arrivata la formalizzazione di un primo accordo. La Camera di commercio italo-russa (Ccir) fa sapere che già da ottobre 2020 “ha promosso incontri tra imprese italiane ed europee con le controparti istituzionali russe per verificare le opportunità in termini di cooperazione relative alla produzione del vaccino russo Sputnik V in Italia”. I meeting, si legge nel comunicato, “hanno avuto lo scopo di identificare alcuni partner strategici per predisporre la produzione del vaccino Sputnik V sul territorio italiano utilizzando le conoscenze e le eccellenza italiane dell’industria italiana del farmaco per fronteggiare la crescente richiesta di dosi dei preparati vaccinali”. L’ufficialità dell’accordo è arrivata nelle scorse ore dall’amministratore delegato Kirill Dmitriev del Russian direct investment fund. “La partnership permetterà di avviare la produzione già dal mese di luglio 2021, il processo produttivo innovativo aiuterà a creare nuovi posti di lavoro e permetterà all’Italia di controllare l’intero processo di produzione del preparato. Questo permetterà la produzione di 10 milioni di dosi entro la fine dell’anno”, conclude il comunicato. Le autorità russe, inoltre, “stanno lavorando ad oltre 20 progetti di collaborazione in Europa e Sputnik V è già stato registrato in oltre 45 nazioni al mondo”.

La notizia, subito circolata in Ue, è stata accolta con freddezza da Bruxelles. “Attualmente non sono in corso colloqui per integrare lo Sputnik V nella strategia Ue sui vaccini“, ha dichiarato un portavoce della Commissione. Gli Stati membri, ha ricordato, possono sempre “concedere l’approvazione del vaccino Sputnik” nell’ambito dell’autorizzazione per uso di emergenza, ma “in questo caso la responsabilità spetterà allo Stato membro e non all’azienda, come sarebbe se il vaccino ottenesse l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’Ue”. Il portavoce ha poi osservato che “la strategia dell’Ue sui vaccini è una strategia comune della Commissione e degli Stati membri. Quindi – ha concluso – la Commissione e gli Stati membri possono sempre decidere insieme di diversificare ulteriormente il proprio portafoglio vaccini”.

Sputnik V, va ricordato, è un vaccino a vettore virale con una particolarità: per la prima dose e il richiamo vengono utilizzati due diversi vettori. A novembre, tra lo scetticismo della comunità scientifica, Mosca aveva dichiarato un’efficacia del 90%. Dati poi ratificati il 2 febbraio scorso dalla rivista The Lancet. Approvato in Ungheria, Sputnik V è somministrato per ora in paesi come Argentina, Bolivia, Serbia, Algeria, Palestina e Bielorussia. Sulla sua credibilità pesano però i dubbi, avanzati dall’Ema, sulla sicurezza e la qualità dei siti in cui è prodotto (è in programma una spedizione degli ispettori europei per accertare il rispetto di tutti i protocolli). Non si conoscono inoltre i dati di somministrazione in Russia – alcune stime parlano del 2,7% di cittadini immunizzati – e lo stesso presidente, Vladimir Putin, non ha ancora ricevuto la prima dose.

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