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Olga Mascolo, la giornalista: “Il mio cervello lo sapeva già che mi stavo ammalando di Covid”

"Quel giorno il mio cervello lo sapeva già che mi stavo ammalando. Ne sono certa. Ed ero nervosa perché non ne avevo voglia. Il cervello sapeva e rifiutava"

di F. Q.

“Non so se sia perché ho sempre avuto il vizio di mangiarmi le unghie, che mi sono beccata il Covid. So che quando mi sono ammalata l’Rt a Milano era altissimo, a 2, 35, e che la gente per strada, al telefono, al supermercato, raccontava di altra gente che aveva il Covid. Era diventata una situazione insostenibile, anche a mettersi la FFP2, a igienizzarsi le mani, o ti ammalavi o vivevi con la paura di ammalarti”. Inizia così il toccante racconto della giornalista di Mattino 5 Olga Mascolo che, in un lungo articolo a sua firma uscito oggi sul Corriere della Sera, ha raccontato la sua odissea con il Covid. Non solo la battaglia strettamente fisica contro il virus, ma anche l’impatto che ha avuto su di lei a livello emotivo.

Tutto è cominciato con un gran nervoso. Ho persino pubblicato una foto su Instagram il 2 novembre, con la faccia corrucciata e il rossetto, ultimo slancio vitale – ha raccontato la giornalista -. Quel giorno il mio cervello lo sapeva già che mi stavo ammalando. Ne sono certa. Ed ero nervosa perché non ne avevo voglia. Il cervello sapeva e rifiutava. Non ero pronta. Ho resistito fino ad adesso, perché proprio ora?, mi dicevo, anche perché la malattia significa nel migliore dei casi prigionia. Comincia una specie di compressione alla testa, un dolore di stomaco, o un peso al petto. Sul momento ho i miei dubbi. Ci dormo sopra e il giorno dopo ho la certezza di avere il Covid-19. Il medico minimizza ma mi segnala ad Ats, mio padre nega, il mio fidanzato sbuffa. Ho il Covid-19!”

“Niente, sono sola. Infettiva, da evitare – prosegue Olga Mascolo -. Sto male. Ho mal di testa molto forte, mi sento un proiettile in fronte tra le sopracciglia, tipo sinusite, gli occhi risucchiati dentro, con dolore all’arcata sopraccigliare e al bulbo, quasi come se le fosse in cui stanno gli occhi definissero i contorni di questo dolore. Sento anche una sorta di ovattamento del cervello. Il medico di base sparisce. Non ho la più pallida idea di come fare a farmi il tampone, Ats non mi chiama – lo avrebbe fatto 26 giorni dopo, una surreale conversazione ‘Salve lei come sta?’, ‘Ora bene’, rido, ‘Arrivederci’, ‘Arrivederci’ -, non so se posso farlo senza certificato, non so se posso prendere qualche farmaco per il mal di testa, e se sì, quale?”

“I sintomi mi riportano sull’altalena dell’infanzia. Vanno e vengono, su e giù, un giorno si aggiunge qualcosa (la tosse), ma se ne va qualcosa (la febbre). Ritorna qualcosa (la febbre), e se na va altro (la tosse). Come faccio?, mi chiedo. Passano i giorni, il medico per lunghissime 48 ore non riesco a sentirlo, il centralino della regione non risponde, le ricerche su Google sono difficili perché il mal di testa mi impedisce di passare il tempo davanti a uno schermo. Piango, chiamo mio padre, che è lontano e non può fare niente – dico niente. Mia madre meglio che non sappia che sono disperata“.

La diagnosi arriva col tampone rapido positivo, ma io sono già ai domiciliari. Poi perdo il gusto e l’olfatto, e l’altalena continua. E se il medico di base non risponde di venerdì e di sabato, e la guardia medica ha 10 persone prima di me, chiamo un medico privato. Si è soli sulla giostra, ma da sotto tutti esultano e fanno il tifo. Il quanto in alto si può andare sono le settimane che si resta positivi, per me 5. Poi ne esco. E mi resta qualcosa: la rete di amici, la comunità di guariti messi come me, con cui mi sono scambiata i momenti belli, quelli in cui stavo bene e praticavo yoga, quelli in cui mi ritornava l’olfatto e il gusto, e i momenti brutti di sconforto e di paura”, conclude Olga Mascolo.

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