Oltre il danno, e che danno, la beffa. La scorsa settimana la società di consulenza McKinsey ha accettato di pagare quasi 600 milioni di dollari per chiudere un contenzioso con 49 stati Usa per il ruolo che avrebbe svolto nel promuovere la vendita del farmaco OxyContin della casa farmaceutica Purdue Pharma. Il medicinale, un oppiode antidolorifico, provoca una fortissima dipendenza e ha causato negli Stati Uniti 400mila morti oltre ad un forte aumento della criminalità. Nel 2020 Purdue si è dichiarata colpevole e ha pagato 8 miliardi di dollari. McKinsey non ha invece ammesso le sue responsabilità ma dai vari procedimenti a suo carico sono emerse rivelazioni inquietanti.

McKinsey ha infatti progettato gli schemi di marketing di Purdue, incluso un piano per “potenziare” le vendite di OxyContin al culmine dell’epidemia di oppioidi. Tra i consigli per massimizzare i profitti anche quello di concentrarsi su dosi più elevate e più redditizie. McKinsey ha poi incoraggiato Purdue a convincere i produttori di oppiacei ad unirsi per fare pressione e ottenere l’ammorbidimento dei vincoli alle vendite imposti dalla Food and Drug Administration (l’autorità statunitense che vigila sui farmaci). La società ha anche fornito consulenza su come “contrastare i messaggi emotivi delle madri con adolescenti vittime di overdose di OxyContin”. L’OxyContin è tristemente noto come “eroina di montagna” poiché le prime situazioni di dipendenza su larga scala si sono verificate in paesi dei monti Appalachi.

L’emittente NBC news ha scoperto che la multa pagata da McKinsey potrebbe andare a favore della stessa società di consulenza. Una buona parte dei 573 milioni di dollari versati verrà infatti destinati a programmi statali che finanziano centri di trattamento delle dipendenze e a servizi di recupero. McKinsey controlla di fatto il fondo MIO partners che raccoglie e investe le pensioni di 30mila tra dipendenti ed ex dipendenti della stessa società di consulenza. Gli investimenti del fondo, in tutto circa 14 miliardi di dollari, vengono decisi da un consiglio composto anche da attuali partner della società.

“Una strategia di investimento nel disagio umano” – Tra le partecipazioni di MIO c’è anche una quota, che è stata via via rafforzata nel corso degli anni, in Derfield Management Co., società di investimenti specializzata nel settore sanitario che ha tra i suoi alti dirigenti anche due ex McKinsey. A sua volta Deerfield ha acquisito grosse partecipazioni in diversi produttori di oppioidi. Nel 2017 era azionista al 6% di Mallinckrodt che nel 2020 ha presentato istanza di fallimento dopo aver affrontato enormi responsabilità legali per il ruolo svolto nella crisi. Dal 2011 al 2016, Deerfield ha detenuto una partecipazione da 90 milioni in Teva Pharmaceuticals. Quando il caso OxyContin inizia ad esplodere, Deerfield sposta i suoi investimenti. Attraverso un gestore estero, la società diventa ad esempio socia al 26% di Adamis Pharmaceuticals, che sviluppa prodotti per il trattamento dell’overdose da oppioidi e ora potrà beneficiare dei fondi raccolti dalle sanzioni. Tra il 2015 e il 2016 vengono investiti 331 milioni di dollari in strutture per la cura delle dipendenze in Massachusetts, New Jersey, Pennsylvania e in altri stati che potrebbero ricevere parte dei soldi pagati da McKinsey. La strategia di investimento di Deerfield verrà definita da un’associazione che si batte contro la dipendenza da oppioidi come una “integrazione verticale nel disagio umano”.

Nel 2017, Deerfield ha accettato di pagare 4,7 milioni di dollari alla Securities and Exchange Commission (la Consob statunitense) per aver tratto profitto da informazioni privilegiate. Secondo la Sec Deerfield aveva ricevuto informazioni non pubbliche su imminenti cambiamenti di politica presso i Centers for Medicare & Medicaid Services in relazione alla vicenda degli oppioidi con un guadagno di 700mila dollari. Deerfield non ha né ammesso né negato le accuse. I portavoce dei McKinsey negano invece ogni addebito sottolineando l’indipendenza delle scelte di investimento del fondo MIO.

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