Via libera all’autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute per il progetto Lightup delle Università di Torino e di Parma che, attraverso la sperimentazione sui macachi, ha l’obiettivo di ridare la vista a migliaia di persone che l’hanno persa. Il Consiglio di Stato mette fine alla lunga querelle dopo lo stop dello scorso ottobre e stabilisce che la ricerca può riprendere. “Ci auguriamo ora il miglior successo della ricerca a beneficio del progresso delle conoscenze e della salute dei pazienti“, commentano i due atenei, mentre per la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo oggi “si chiude una triste pagina giuridica del nostro Paese che si sarebbe potuta concludere sul nascere anni fa. È importante – ha aggiunto – che le ragioni e il rigore delle valutazioni scientifiche proposte dai ricercatori, i professori Marco Tamietto e Luca Bonini, abbiano prevalso sulla propaganda“. Al contrario, la Lega Anti Vivisezione (LAV) parla di “speranze di salvezza svanite per gli animali”. E annuncia nuove battaglie.

Il progetto era stato sospeso una volta dal Consiglio di Stato un anno fa, poi a maggio il Tar aveva respinto i ricorsi degli animalisti dando, appunto, di nuovo via libera alle sperimentazioni, bloccata dai giudici amministrativi che oggi, in udienza collegiale, hanno dato l’ok alla prosecuzione del progetto. “La sentenza – dichiara Giuliano Grignaschi, direttore di Research4Life – sancisce definitivamente che tutto è stato fatto nel rispetto delle normative e degli obiettivi di una sperimentazione che è giudicata di grande interesse a livello europeo”.

Soddisfatti anche i due atenei: la pronuncia – dicono – prova oltre ogni ragionevole dubbio l’inattaccabile solidità e correttezza sul piano etico, tecnico-scientifico e formale non soltanto del progetto ma anche dell’iter autorizzativo svolto dagli organismi competenti, Ministero della Salute in primis. E, visto che sono stati “accertati univocamente, fino al massimo grado della giustizia amministrativa – si legge sul sito dell’università di Parma -, la validità dell’autorizzazione ministeriale e il rigoroso rispetto di tutte le norme in materia di tutela del benessere animale, la ricerca può riprendere senza più ostacoli”. Restano però preoccupazione e rammarico per “il considerevole ritardo accumulato (ben 20 mesi) nelle attività progettuali, nonché le false accuse rivolte contro dottorandi, ricercatori, personale e istituzioni pubbliche a causa della campagna denigratoria che, per alcuni tratti, ha travalicato i limiti del confronto sereno e del reciproco e doveroso rispetto su questioni tecnicamente complesse e con indubbi, delicati, risvolti etici, sfociando anche in minacce, aggressioni e deturpazioni perpetrate su suolo ed edifici pubblici delle città e degli Atenei coinvolti”.

“Oggi non ha perso solo la Lav e gli oltre 440mila cittadini che hanno aderito alle nostre richieste, ha perso tutta la ricerca, ha perso l’Italia – è invece l’opinione della biologa Michela Kuan, responsabile Lav Ricerca senza animali -, dove si continua a voler difendere una sperimentazione fuorviante, dispendiosa e ancorata al passato, a discapito del diritto e della vita di tutti e dei metodi innovativi di ricerca. Non ci fermeremo qui”.

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