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Nuova indagine sulla Banda della Uno Bianca: la procura di Bologna apre un fascicolo

L'ufficio inquirente del capoluogo emiliano è a modello 45, senza indagati e ipotesi di reato: è stato aperto dopo aver ricevuto un’informativa dai carabinieri che hanno acquisito un’intercettazione già agli atti, che potrebbe essere approfondita, e un esposto del giornalista ed ex consigliere comunale Massimiliano Mazzanti
Nuova indagine sulla Banda della Uno Bianca: la procura di Bologna apre un fascicolo
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C’è una nuova indagine sulla Banda della Uno Bianca. L’ha aperta la procura di Bologna, dopo aver ricevuto un’informativa dai carabinieri che hanno acquisito un’intercettazione già agli atti, che potrebbe essere approfondita, e un esposto del giornalista ed ex consigliere comunale Massimiliano Mazzanti. Il fascicolo d’indagine modello 45, senza indagati né ipotesi di reato, aperto dalla procura guidata da Giuseppe Amato èuna sorta di atto dovuto: si tratta infatti di un contenitore necessario per raccogliere questi atti.

Il gruppo criminale guidato dai fratelli Savi, composto per cinque sesti da poliziotti, uccise 24 persone e ne ferì oltre 100 tra Bologna, la Romagna e le Marche, dal 1987 al 1994. Poco prima del trentesimo anniversario della Strage del Pilastro, il 4 gennaio, era stato Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, uno dei tre carabinieri assassinati nel 1991, ad annunciare una richiesta di riapertura di indagini, che sarà formalmente avanzata più avanti, dopo lo studio e una raccolta di elementi da parte di un team di avvocati. La volontà è fare luce su alcuni punti oscuri, valutando eventuali complicità e coperture ai membri della banda.

Per ora nel fascicolo c’è l’intercettazione dell’agosto 1992 tra Marino Bersani e un amico di famiglia, con oggetto la figlia di Bersani, Simonetta, testimone che accusò per l’eccidio del Pilastro i fratelli Santagata, poi assolti dopo la confessione dei Savi. Nella telefonata Bersani diceva all’amico di “capi” che avrebbero rassicurato la figlia garantendole “un grande avvocato” e dicendole che erano “tutti con lei”.L’esposto di Mazzanti, invece, chiede di accertare fatti legati a un’informativa del 1991 della Questura di Rimini, che indicava già allora in Fabio Savi, unico non poliziotto della banda, uno dei possessori di un fucile d’assalto che si pensava avesse sparato al Pilastro. Nel 1995, invece, dopo l’arresto dei killer, il fucile venne descritto come “inedito” negli atti sui Savi.

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