Gli studenti delle scuole superiori possono tornare in classe in base alle regole previste dall’ultimo dpcm, cioè fino al 75% delle presenze nelle zone gialle e arancioni. È questo il parere degli esperti del Comitato tecnico scientifico che si sono riuniti d’urgenza in mattinata su richiesta del governo per affrontare, ancora una volta, il nodo della riapertura della scuola. Lunedì, infatti, seppure alternati per rispettare la riduzione delle presenze, dovrebbero tornare in classe circa 650mila studenti delle superiori (agli oltre 800mila inizialmente previsti vanno sottratti quelli della Puglia che ha rinviato l’apertura di un’altra settimana). Ma tra ordinanze delle Regioni, ricorsi al Tar e proteste, tutto è ancora in forse. Nel corso dell’incontro, il Cts ha ribadito collettivamente l’importanza della ripresa della scuola in presenza ferma restando l’attenzione alla curva dei contagi. Se qualche governatore volesse comunque tenerle chiuse, “se ne assumerà la responsabilità”. Anche perché, hanno sottolineato gli esperti, “stanno emergendo problematiche legate anche alla sfera psichica nella popolazione giovane in età scolare e anche negli studenti delle università”.

D’altronde negli ultimi mesi gli scienziati avevano indicato più volte la questione scuola come una “priorità”. La richiesta di esprimere un parere su un nuovo rinvio della didattica in presenza per gli studenti della scuola secondaria, secondo quanto si apprende, sarebbe arrivata in mattinata agli scienziati. Ai quali però nei giorni scorsi non era stato chiesto alcun parere sulla questione. Da un report dell’Iss è emerso che nelle classi sono stati rilevati, dal 31 agosto, 3mila focolaio pari al 2% dei contagi, ma più che la diffusione nelle aule quello che preoccupa gli scienziati è il movimento – con i relativi spostamenti – e tutte le attività prima e dopo le lezioni. “Ben venga la decisione di riaprire in presenza le scuole superiori se lo si può fare in sicurezza, adesso auspichiamo però che sia più uniformità di vedute tra le autorità centrali e quelle regionali, le polemiche non servono”, è il commento di Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. Soddisfatta anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, schierata per la riapertura delle scuole superiori già dal 7 gennaio. Dalla riunione del Cts “è emerso un parere molto netto“, ha scritto su Facebook. “Il Cts ha ricordato che le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus. E ribadito, non è la prima volta che lo dice, che l’assenza prolungata da scuola può provocare conseguenze gravi nei ragazzi, per gli apprendimenti e per la sfera emotiva e relazionale. Queste valutazioni rappresentano una guida chiara che mi auguro possa garantire a scuole e studenti le certezze di cui hanno bisogno. Il rientro in classe è un atto di responsabilità nei confronti dei nostri giovani”.

Una (ri)partenza, quella delle scuole, che avviene tra le polemiche. Con i governatori che continuano ad andare in ordine sparso e gli studenti che proseguono le proteste, da Milano a Roma. E anche i licei e i tecnici che riapriranno i portoni, lo fanno con condizioni stringenti tra mascherine e orari e giorni differenziati da classe a classe. Se è nella norma che restino ancora chiuse le scuole superiori in Lombardia, Alto Adige e Sicilia, zone rosse, ci sono però altre Regioni che hanno deciso di proseguire sulla strada della prudenza. Come la Puglia, il Friuli Venezia Giulia (entrambe regioni arancioni) e anche la Basilicata che è una delle poche oasi gialle d’Italia. “La scuola non è un posto sicuro, come non è un posto sicuro qualsiasi luogo dove si sta seduti per ore nella stessa stanza“, ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che terrà le superiori ancora al 100 per cento in Dad e offrirà anche per le primarie la didattica integrata digitale alle famiglie che lo chiederanno. “Lunedì le scuole non riapriranno”, ha confermato il Governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che sta riscrivendo l’ordinanza dopo che il Tar Fvg aveva accolto il ricorso di alcuni genitori contro il provvedimento regionale che disponeva la chiusura delle scuole secondarie di secondo grado fino alla fine di gennaio. Anche Vito Bardi in Basilicata ha firmato una ordinanza che lascia chiuse le scuole superiori fino alla fine del mese. Nello Musumeci in Sicilia annuncia che potrebbe chiudere tutte le scuole, non solo le superiori: “Se fra due settimane i dati non ci dovessero convincere, stabiliremo misure maggiormente restrittive e chiuderò anche le scuole primarie e le prime classi della media”.

In Emilia Romagna, invece, il governatore Stefano Bonaccini ha confermato la ripresa delle lezioni in presenza a partire da domani. “Ho rispetto della scienza e ho rispetto delle sentenze – scrive su Facebook -: quindi da domani anche i ragazzi delle scuole secondarie superiori dell’Emilia-Romagna torneranno in presenza almeno al 50%. Non ho alcuna intenzione di accrescere il caos. Il fatto poi che avremo Regioni in zona gialla con la didattica a distanza anche per le scuole elementari e Regioni in zona arancione con la didattica in presenza anche per le scuole superiori è una contraddizione che non spetta a me risolvere. Ci penserà il Governo, quando riterrà”. Ad ogni modo, argomenta Bonaccini, “mi permetto di osservare che sulla scuola continua una situazione di incertezza che va a discapito in primo luogo di studenti, genitori e di chi nella scuola lavora”.

L’agitazione maggiore arriva infatti dagli istituti. Se da una parte gli insegnanti manifestano preoccupazione e chiedono di essere vaccinati, dall’altra gli studenti continuano le proteste con occupazioni e scioperi. Continua poi la protesta degli studenti delle scuole superiori a Milano e si allunga la lista degli istituti che vengono occupati dagli studenti. È terminata alle 8 di questa mattina, dopo 21 ore, l’occupazione degli studenti del liceo Vittorio Veneto di Milano in protesta contro la didattica a distanza. Gli studenti, come hanno spiegato loro stessi in un comunicato, hanno dormito all’aperto in cortile tutta la notte attrezzandosi per resistere al freddo con l’aiuto di materiale fornito da genitori, diverse associazioni e collettivi di altre scuole superiori. Anche a Roma lunedì 18 sarà per molti liceali un giorno di “sciopero dalla presenza in sede e, in numerosi istituti, da ogni forma di attività didattica, anche a distanza”. Proteste anche a Trieste dove il comitato ‘Priorità alla scuola’, composto di genitori, insegnati e studenti, è tornato a chiedere il rientro in classe al 100%, perché, spiegano, “con le scuole chiuse non c’è futuro”.

Intanto dal Veneto arriva la notizia che sono circa 200 le classi scolastiche di elementari e medie sottoposte a quarantena per positività di uno o più studenti. Un effetto, si suppone, 10 giorni dopo la ripresa dalle vacanze di Natale, dell’ordinanza della Regione che ha cambiato la gestione dei casi positivi a scuola, obbligando all’isolamento le intere classi in presenza anche di un solo contagio. Gli studenti costretti a casa – riferisce il ‘Corriere del Veneto’ – sono circa 4.000. Con la procedura precedente, in caso di positività tutta la classe veniva sottoposta ai tamponi, e se gli alunni risultavano tutti negativi potevano riprendere le lezioni. La nuova ordinanza è stata spiegata dalla sanità regionale con la necessità di fermare il rischio focolai negli istituti. Ora gli studenti osservano 10 giorni di quarantena, e possono rientrare in classe dopo l’esito negativo del tampone. In Veneto la provincia di Padova è quella con il maggior numero di classi in quarantena, una settantina.

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