Probabilmente più diffusa. Forse più contagiosa. Ma, almeno apparentemente, non più pericolosa o “resistente” ai vaccini recentemente sviluppati. La variante “inglese” del virus Sars-CoV-2 potrebbe essere meno spaventosa di quanto prospettato. Al momento infatti non ci sono evidenze scientifiche che giustifichino i “nomignoli” di “super Covid” o “Covid mutante” con cui i media hanno ribattezzato la nuova variante individuata nel Sud-Est dell’Inghilterra. La verità è che sappiamo ben poco di questa variante inglese: è stata sequenziata per la prima volta nel Regno Unito alla fine di settembre e ha 17 mutazioni che possono influenzare la forma del virus, inclusa la proteina spike, la chiave con cui il virus entra nelle cellule. Molte di queste mutazioni sono state trovate prima in altri virus, ma è insolito averne così tante in un singolo virus.

“In generale, non c’è nulla di sorprendente nell’aver trovato una variante del virus Sars-CoV-2”, spiega Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm). Il nuovo coronavirus, infatti, è in continua evoluzione e ci sono molte varianti con una o più mutazioni. A luglio, secondo quanto riferito dagli scienziati, c’erano già almeno 12mila “mutanti”. Ora il numero delle mutazioni sarà più alto, sebbene molte di esse siano rare. Ci sono decine di migliaia di mutazioni che differiscono l’una dall’altra per almeno una mutazione nel genoma. Ma due coronavirus Sars-CoV-2 qualsiasi differiscono per meno di 30 mutazioni e sono considerati tutti appartenenti allo stesso ceppo.

La cosa insolita di questa nuova variante inglese è la velocità con cui si sta diffondendo. Il 13 dicembre scorso erano stati identificati 1100 casi con questa variante, principalmente nell’Inghilterra meridionale, il che è molto perché solo una piccola percentuale di campioni virali viene sequenziata. “È il tasso di crescita a preoccuparci”, afferma Nick Loman dell’Università di Birmingham nel Regno Unito, che fa parte di un team che ha monitorato e sequenziato nuove varianti del nuovo coronavirus. “Stiamo assistendo a una crescita molto rapida”, aggiunge.

Sembra si stia diffondendo più velocemente di altri ceppi nelle stesse regioni, ma non è ancora chiaro il motivo. Alcuni coronavirus si diffondono più di altri per puro caso. Per ora, non ci sono prove chiare che questa diffusione sia dovuta a particolari mutazioni. Per capire quanto dovremmo essere preoccupati, ci vorranno ulteriori studi, una combinazione di ulteriori monitoraggi e ricerche di laboratorio con lo scopo di esaminare l’effetto delle particolari mutazioni presenti in questa variante. Ma finora, nessuna mutazione è stata definitivamente associata a un tipo di Sars-CoV-2 più trasmissibile o più pericoloso. Secondo gli scienziati, il modo in cui ci comportiamo è molto più importante di qualsiasi altro cambiamento del virus. In altre parole, misure come indossare le mascherine e l’allontanamento social sono i fattori che più di tutti fanno la differenza.

Non sappiamo neanche se questa variante è legata a una forma più grave di Covid-19. Per scoprirlo, dovremmo identificare molte persone che si sono ammalate dopo essere state infettate da questa specifica variante e monitorarle per almeno un mese. Ma al momento non c’è motivo di pensarlo. Le mutazioni che rendono i virus più infettivi non li rendono necessariamente più pericolosi. Allo stesso modo non sappiamo se questa nuova variante possa eludere la protezione conferita dai nuovi vaccini. Al momento non ci sono evidenze che vadano in questa direzione. “Il motivo per cui questa variante è stata oggetto di attenzione – spiega Maga – è perché alcune delle modificazioni delle sue istruzioni genetiche riguardano la regione che serve a esprimere la proteina ‘spike’ che, oltre a consentire al virus di entrare nelle cellule, è anche la componente principale dei vaccini”. Tuttavia, Maga precisa che “non ci sono ancora dati pubblicati e quindi è quasi impossibile fare valutazioni precise. Ma da quanto traspare non sembra che questa variante sia più pericolosa delle altre e non è pure certo che queste mutazioni abbiano davvero il vantaggio di farla diffondere più velocemente di altre”, spiega.

“Naturalmente si dovranno aspettare i risultati delle prove scientifiche – continua Maga – ma sappiamo che i vaccini contengono l’intera proteina spike, che quando entra nel nostro organismo viene fatta a pezzi e che ciascuno di essi può funzionare per indurre degli anticorpi. Quindi, è molto difficile che modificazioni solo in una porzione della proteina possano causare una completa resistenza ai vaccini”. Secondo l’esperto, quindi, al momento “non c’è nulla di sorprendente nell’aver trovato una variante, non è la prima che si ritrova e non ci sono evidenze che questa variante sia più cattiva. Non ci sono neppure dati certi che possa essere più infettiva ed è considerato altamente improbabile che il vaccino possa avere difficoltà a indurre una risposta protettiva anche contro questa variante proprio perché il vaccino utilizza una proteina che ha delle regioni anche molto conservate, che non cambiano. Per cui nessun allarme”.

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