Lo aveva detto otto mesi fa: era “pensabile” che un vaccino anti Covid fosse “approvato entro fine anno”. E oggi che alla fase III della sperimentazione, con ottimi risultati annunciati sull’efficacia, sono arrivati almeno quattro candidati (Pfizer, Moderna, Oxford-Astrazeneca e il russo Sputnik V su cui la comunità scientifica si mostra scettica) Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri, risponde ai dubbi e alle perplessità sulla sicurezza di questi composti pensati e sviluppati in tempi inimmaginabili fino a un anno fa. Lo scienziato, 92 anni di cui quasi 70 al servizio della scienza, parla a 24 ore dalla somministrazione del vaccino antinfluenzale: “Sono stato vaccinato. Finalmente. Anche se ne mancano ancora molte di dosi. C’è ancora molto da aspettare. Speriamo che quelli che vogliono possano essere vaccinati”. Garattini, che farà il vaccino anti Covid quando sarà approvato, chiede un “continuo monitoraggio” sui possibili effetti collaterali “che non si sono visti nel breve termine” e che “il rigore scientifico non venga diminuito da urgenza, pressioni politiche o economiche”. E sul Natale dice: “Non è una cosa fondamentale o senza la quale non possiamo vivere, è fondamentale invece evitare di finire all’ospedale o peggio”.

Allora abbiamo diversi candidati vaccini in dirittura d’arrivo…
Sì, abbiamo alcuni che sono più avanti. Anche se magari ce ne saranno altri: sappiamo che ci sono 42 vaccini in corso di studio clinico a vari livelli. Può darsi che ci sia anche qualche sorpresa

Per Moderna e Pfizer sappiamo che è stata usata una tecnica innovativa (Rna messaggero). In molti si chiedono se ci possono essere effetti pericolosi a lungo termine. Ci sono rischi ipotizzabili?
Non lo sappiamo, dobbiamo aspettare. È difficile fare gli indovini. Sappiamo che nell’ambito dei pochi mesi in cui c’è stata la sperimentazione gli effetti collaterali sono sostanzialmente quelli degli altri vaccini. Cose comuni come mal di testa, senso di fatica, poca febbre. Proprio perché sono usate nuove metodologie è importante richiedere che ci sia un continuo monitoraggio, anche quando il prodotto sarà messo in commercio per essere attenti che non ci siano effetti che non si sono visti nel breve termine.

Per quanto tempo?
L’importante è che si cominci a monitorare. Poi si vedrà quello che succede. Dipenderà anche dal fatto se il vaccino risolverà i nostri problemi. Può darsi che il virus muti e quindi ci sia bisogno di un vaccino ogni anno oppure ogni due anni.

C’è chi teme che questi vaccini sviluppati con nuove tecniche possano apportare modifiche nel nostro Dna. È davvero possibile?
Sono stati fatti studi sperimentali che hanno stabilito che non ci sono alterazioni. Si possono fare tutte le ipotesi, ma l’importante è che si continui lo studio e ci sia il monitoraggio adeguato. Vedremo man mano i dati, non possiamo fare diversamente. Non è che possiamo dire non vacciniamo perché c’è la possibilità che fra 5 anni ci sia un effetto collaterale: se fosse così allora non dovremmo usare nessun farmaco.

I dubbi sulla sicurezza. Possiamo spiegare che una volta che sono stati superati tutti i passaggi previsti dai protocolli il vaccino deve essere considerato sicuro?
Gli effetti collaterali sono valutati su circa 50-60mila persone (tra gruppo di controllo e quelli trattati) e diciamo che con questi numeri si ha una buona idea. Si farà una valutazione globale quando ci saranno tutti i dati, con le autorità regolatorie che devono valutare attentamente anche considerando il fatto che miliardi di persone verranno vaccinate. L’importante è che il rigore scientifico non venga diminuito dall’urgenza o da pressioni politiche o economiche. Questo è un punto molto importante

Quali informazioni ancora mancano per avere un quadro definito e chiaro?
Ne mancano ancora tante. Prima di tutto dobbiamo sapere quale sarà alla fine la percentuale di anziani reclutata, perché sono quelli più a rischio. Se fossero pochi non avremmo la conoscenza della reale efficacia. Dobbiamo sapere, al di là della formazione di anticorpi, qual è la protezione dalla mortalità e dalla malattia grave. Dobbiamo sapere se sono stati inseriti nella sperimentazione anche anziani con fattori di rischio. Dobbiamo sapere quanto durerà l’efficacia, quante dosi. Ci sono dati che ancora mancano, ma certamente saranno disponibili appena studi saranno terminati.

Una volta ricevuta l’approvazione di tutti gli enti preposti lei il vaccino lo farà? Avrà dubbi?
No, lo farò. Leggerò nel frattempo, ma i dati stanno già uscendo. Oxford ha pubblicato gli studi di fase II: quindi se uno li vuol leggere i dati ci sono. Inclusi gli effetti collaterali e la risposta immunitaria. Il problema è un problema di comunicazione. Se dico io non farò il vaccino se non conosco quello che è successo o farò il vaccino quando avrò tutti i dati sono due frasi che hanno lo stesso significato, ma hanno un impatto molto diverso su chi ascolta. Bisogna stare attenti a non destare allarmi o eccessi di fiducia. Ci vuole responsabilità ma anche conoscenza dei meccanismi della comunicazione.

Ci sono stati finanziamenti pubblici imponenti ad aziende private per cercare di arginare la pandemia. Lei è sempre stato un fautore della ricerca pubblica. Cosa ne pensa?
Di fronte all’urgenza questo è un dato positivo. È positivo che abbiano potuto lavorare con grande velocità perché non avevano problemi economici. C’è stata una grande mobilitazione in tutto il mondo, però questo si deve ripercuotere sul resto. Che il vaccino sia per tutti e che il prezzo sia basso.

Questa emergenza e tutte le vite perse hanno convinto la politica dell’importanza della ricerca e della ricerca pubblica?
Non vedo cambiamenti rispetto al passato. È importante la ricerca pubblica anche per controllare la ricerca privata. I politici degli ultimi decenni certamente non hanno avuto molto a cuore la ricerca indipendente e pubblica. Noi oggi siamo il paese che ha la metà dei ricercatori della media dei paesi europei e abbiamo una grande perdita di intelligenze che vanno via perché non ci sono le condizioni per lavorare bene in Italia. Abbiamo anche la metà della spesa rispetto al pil della media dei paesi europei. L’idea della politica è che la ricerca è una spesa, invece è un investimento. Senza non può avere innovazione né un servizio sanitario nazionale che sia in grado di rispondere a tutte le esigenze di salute della popolazione.

L’immunologo Anthony Fauci ritiene che con il 70% dei vaccinati nell’autunno del 2021 avremo una “quasi normalità”
Fauci conosce bene il suo mestiere, però bisogna qualificare quello che dice. L’America è un paese privilegiato perché ha speso moltissimo per comperare in anticipo molte dosi di vaccino. Noi, come Europa, abbiamo firmato l’accordo con Moderna qualche giorno fa. Il problema è sempre qual è il livello di organizzazione. Noi da aprile con Medici senza frontiere avevano fatto un appello al governo perché si occupasse molto rapidamente della possibilità dei vaccini. Dall’averli a disposizione a somministrarli c’è tutto una organizzazione che va prevista. L’orizzonte dipende molto dalle capacità del paese di fare tutto quello che è necessario. Se si farà il necessario la previsione di Fauci si potrà considerare accettabile.

Un orizzonte a breve termine è invece il Natale. In molti sperano di festeggiare…
Siamo di fronte all’eventualità di aumentare le malattie, di riempire gli ospedali, di contare altri morti. Si deve fare il sacrificio e festeggiare il Natale fra qualche mese o festeggiare quello del 2021. Non è una cosa fondamentale senza la quale non possiamo vivere, è fondamentale evitare di finire all’ospedale o peggio.

C’è qualcosa che vuole aggiungere alla nostra chiacchierata?
Voglio dire e non dobbiamo stancarci di ripetere che, per il momento, l’unica certezza che abbiamo a disposizione sono le regole che ci siamo dati: mascherina, distanziamento, evitare gruppi numerosi, lavaggio frequente delle mani. E tutti, giovani e anziani, lo devono capire perché senza di quello resteremo in emergenza.

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