“La prima puntata di Mai dire Gol la vidi da un letto d’ospedale”. Marco Santin, l’interista della Gialappa’s Band assieme a Taranto e Gherarducci, è intento a postare foto su Instagram. Teo Teocoli alias Peo Pericoli con l’idolo del calcio inglese Fashanu. Santin con Antonio Albanese mentre sembrano appena usciti dal liceo. Trent’anni di Mai dire Gol, il programma che rivoluzionò la presenza del calcio in tv, riassunti in pochi scatti. “Il giorno prima di quella data meravigliosa che fu il 18 novembre 1990, parlo del sedici più uno perché quel numero da quel giorno non lo dico più, mi ruppi tibia e perone”, racconta Santin. “Ho un ricordo strano e doloroso di quella sera. La mia gamba era in trazione ed ero imbottito di morfina mentre i miei soci mi salutavano dal video. Dieci giorni dopo mi operarono e ne ebbi oltretutto per tre anni”.

L’auditel sentenziò un trionfo: un milione cinquecentoquarantanovemila spettatori
Fu una roba pazzesca. Numeri così a quell’ora e all’esordio. Non voglio sembrare uno che si vanta inutilmente da solo, ma facemmo qualcosa di super innovativo: scherzammo per primi sul calcio.

Oggi sul calcio non scherza più nessuno, che gran tristezza…
È cambiato tutto radicalmente. C’è lo spezzatino delle partite. I giocatori stranieri allora erano pochissimi ed era più facile prenderli in giro per come parlavano l’italiano. Oggi le tv hanno comprato le dirette di ogni match, mentre allora vedevamo tutte le partite in bassa frequenza. Oggi un allenatore viene cacciato anche dopo un’amichevole estiva.

La prima puntata di Mai Dire Gol non si trova più da nessuna parte… ricordi che rubriche c’erano?
I lisci di sicuro. Le intervisti possibili, direi. Non c’era ancora Questo lo segnavo anch’io, perché serviva molto materiale per stilare la classifica. Le ultime parole famose era composta ancora dai titoli di giornali.

I personaggi comici arrivano solo nella seconda stagione…
Però quell’anno lì, a causa della mia assenza, Teocoli andò in voce almeno per tre puntate. Non la prima però, per dare mano ai ragazzi orfani della mia presenza. Fu lì che nacque l’epopea di Pericoli con Fashanu, un giocatore che faceva esultanze strane. Pericoli la chiamava “la personcina”. Ricordo sempre che andavamo in diretta.

La manina di cippa lippa di chi era?
Della nostra regista dell’epoca, poi diventata moglie di Giorgio, e che in quel momento ancora non lo era. Più che la classica regia, serviva una persona brava a montare filmati. Poi le chiedemmo di compilare la schedina coi risultati con questa mano che ogni volta cambiava. Una scemata che inventammo all’istante e che non so quando durò. Era abbastanza inutile: buffa all’inizio per far capire che eravamo un programma di imbecilli, ma poi diventò una perdita di tempo. Pensate che realizzammo negli anni sigle allucinanti, bellissime, con i giocatori, gli allenatori e i nostri personaggi che si animavano come nei cartelloni della Nike, ma dopo due puntate le tagliavamo perché avevamo poco tempo e dovevamo guadagnarne per i servizi della puntata.

Nel ’94 la separazione con Teocoli, ma Mai dire gol continuò…
Teo fu importantissimo. Eravamo e siamo tutt’ora amici. Ricordiamoci che non percepiva nulla ad andare in voce nelle prime puntate. Nei primi anni Teo era in coppia con Gene Gnocchi, poi Albanese, poi Aldo Giovanni e Giacomo. Dopo di lui l’epopea continuò e abbiamo sempre scelto comici bravissimi. Non me ne ricordo uno che abbia fallito.

Che ricordo hai di Luciana Littizzetto a Mai dire Gol?
Fece cose clamorose. Andava nei ritiri delle squadre travestita da Lolita. Abbiamo seri problemi perché alcune società non volevano farla entrare. La allontanavano con la forza. Sul serio.

I giocatori vi mandavano dei video registrati…
Ci fu una grande collaborazioni con loro e fu la cosa più eclatante del programma. Presidenti e allenatori ci osteggiavano un po’, i giocatori invece erano felicissimi di scherzare con noi.

Un programma per soli uomini o no?
Il pubblico femminile lo recuperammo nel corso degli anni con Mai dire Grande Fratello. A Mai dire Gol però si creava un compromesso, una sorta di accordo matrimoniale, nelle coppie di spettatori: l’uomo seguiva la partita e le donne ascoltavano le nostre scemenze e si divertivano.

A parte la gamba ingessata hai nostalgia di quei primi mesi di Mai dire Gol?
Eravamo più giovani ed eravamo pionieri. Poi c’era la sorpresa di vedere che quello che facevamo aveva eco nel mondo del calcio. I giocatori ci chiamavano in redazione per fare delazioni. Ricordo Walter Zenga che chiamò per dirci che Fontolan aveva rilasciato un’intervista dicendo delle stronzate. Noi la andavamo a cercare e la mettevamo in onda. La volta dopo ci chiama Fontolan e invece che arrabbiarsi ci dice la stessa cosa su Walter. Facevano tutti così. Si divertivano un mondo.

Qualcuno però si incazzava?
Meno collaborativi erano i giocatori stranieri. Klinsmann, che chiamavamo la Pantegana Bionda, lo incontrai in ascensore in ospedale. Il medico, lo stesso di entrambi, pensò di fare cosa gradita presentandomi a lui. “Questo ragazzo è uno del trio della Gialappa’s band. Non vidi però negli occhi di Klinsmann una grande allegria”.

Michele Mozzati (Gino&Michele) ha il sospetto che tu e Giorgio telefonavate negli spogliatoi per sapere chi giocava dai giocatori e vincere al Fantacalcio…: confessa la verità.
Ma è una puttanata! Ma se non c’erano nemmeno i telefonini… o forse sì. Un’affermazione comunque suffragata dal nulla, anzi dal fatto che spesso Michele con la sua squadra retrocede. Invece che dire quanto è scarso a capirne di giocatori, dà ancora la colpa a noi.

Superinnovatori anche al Fantacalcio: giocate da 30 anni assieme ai suoi inventori italiani…
Non solo. Per due anni giocò con noi anche Massimo Moratti.

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