“Il Direttore Generale non può restare al suo posto, dopo quello che hanno scritto gli ispettori del ministero della Salute. Dovrebbe andare in pensione tra un paio di mesi, ma per me deve andarsene subito”. Si è presentata davanti all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Francesca Frezza, la mamma di Nina, uno dei quattro piccoli morti a causa dell’infezione da Citrobacter Koseri, contratta nei reparti di terapia intensiva neonatale e pediatrica. È lei ad aver denunciato un anno fa l’agonia della figlioletta, morta al Gaslini di Genova dopo essere stata trasferita da Verona provare a curarla dalla gravissima encefalopatia che l’aveva colpita. Ed è lei che ha denunciato ciò che era avvenuto nei reparti, accuse confermate prima da una relazione ispettiva della Regione Veneto ed ora dagli emissari del ministro Roberto Speranza.

“Il dottor Francesco Cobello ha dichiarato di aver saputo dell’infezione solo nel maggio scorso, decidendo poi la chiusura dei reparti di terapia intensiva da giugno. Invece gli ispettori affermano che ne era al corrente dal dicembre 2019 e quindi non ha detto la verità. E’ vergognoso che sia ancora lui a governare un ospedale come quello di Verona”. L’affondo della donna è pesante. “Ho anche telefonato al presidente della giunta regionale, Luca Zaia, ponendogli il problema. Mi ha risposto che è in corso un’inchiesta della Procura di Verona e che bisogna attendere la chiusura degli accertamenti. Però i magistrati si occupano degli aspetti penali, mentre in questo caso è in gioco la credibilità della direzione generale. E’ una questiona amministrativa e come tale dovrebbe essere affrontata”. Come dire: la Regione dovrebbe sostituire Cobello prima della quiescenza.

Gli ispettori ministeriali sono stati chiari, contestando a Cobello di aver “ripetutamente rappresentato di essere venuto a conoscenza dell’infezione da Citrobacter solo dal maggio 2020, mentre era informato già dal 6 dicembre 2019 della presenza di almeno un caso, la bambina trasferita al Gaslini di Genova”. Gli ispettori hanno ricordato che non sono ammesse scusanti: “L’organizzazione complessiva dell’Ospedale e i meccanismi di funzionamento sono compiti non delegabili della Direzione Generale”.

Finora sono stati assunti provvedimenti nei confronti di quattro medici. A settembre, il giorno stesso della visita degli ispettori ministeriali a Verona, basandosi sulla relazione della Regione Veneto, la direzione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona ha sospeso in via cautelare tre medici: il direttore sanitario Chiara Bovo, il direttore medico di struttura Giovanna Ghirlanda e il direttore del reparto Pediatria, Paolo Biban. Successivamente c’è stata una contestazione disciplinare, con lettera, alla dottoressa Giuliana Lo Cascio, primario facente funzioni di Microbiologia e Virologia, il laboratorio che negli ultimi anni ha effettuato almeno un migliaio di analisi e tamponi.

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