Tra i tanti disastri del Covid-19, c’è anche qualche miracolo: i lettori del Financial Times (la bibbia della comunità finanziaria internazionale) simpatizzano con l’idea di una tassa sulla ricchezza. Non è una maggioranza schiacciante, e si tratta di un campione che vale quel che vale in termini di rappresentatività (1.300 risposte), ma il dato è comunque degno di nota. Da quello che emerge dall’indagine il 32% dei lettori si è detta decisamente a favore di un’iniziativa di questo tipo, il 18% ha affermato che probabilmente la approverebbe. Il 32% si oppone fermamente, un altro 13% di definisce probabilmente contrario. Il rimanente 5% è incerto.

Il giornale ricorda come i suoi lettori abbiano redditi e asset superiori alla media nazionale britannica, e siano solitamente meno inclini a sostenere imposte di questo genere. Un recente sondaggio Ipsos Mori ha mostrato come il 75% degli inglesi guardi con favore ad un prelievo sulla ricchezza. La versione più popolare la tassa dovrebbe partire dalle 500mila sterline (550mila euro). Interpellato dal FT il docente dell’Università di Warwick Arun Advani si è comunque detto sorpreso di come il gradimento sulla tassa cresca anche tra il pubblico di riferimento del quotidiano. Per i più, la soglia di ricchezze sopra cui dovrebbe scattare il prelievo è di un milione di sterline (circa 1,1 mln di euro). I lettori che si dicono a favore sposano la causa soprattutto perché ritengono indispensabile un qualche intervento che favorisca una maggiore redistribuzione della ricchezza, a maggior ragione dopo lo scoppio della pandemia che sta avendo anche l’effetto di accrescere le distanze tra ricchi e poveri. I contrari ritengono soprattutto che si tratterebbe di un’ingiusta penalizzazione per chi risparmia. Dubbi sull’efficacia della tassa dipendono anche dalle complicazioni nella sua applicazione. Esistono infatti innumerevoli modi, legali, per occultare parte della propria ricchezza. Per rendere davvero efficace il prelievo servirebbe una adeguata legislazione di contorno.

L’esito del sondaggio ha stupito l’economista dell’università californiana di Berkeley Gabriel Zucman, uno dei principali sostenitori di un intervento fiscale sulla ricchezza, che ha commentato il sondaggio su Twitter.

Con un prelievo sull’1% più ricco il doppio dei soldi del Recovery Fund – Zucman, con il collega Emmanuel Saez, propone di tassare ricchezze (quindi non redditi) molto elevate: un’aliquota del 2% sopra i 50 milioni di dollari e del 3% sopra il miliardo di dollari. La proposta è stata fatta propria dalla senatrice democratica Elizabeth Warren che l’ha inserita nel suo programma elettorale. Più aggressiva la versione del senatore Bernie Sanders che vorrebbe imporre un prelievo del 2% a partire dai 32 milioni di dollari e salire fino all'(% per i patrimoni oltre il miliardo. Secondo le stime il prelievo “soft” della senatrice Warren graverebbe su 75mila cittadini Usa e garantirebbe un gettito di circa 210 miliardi di dollari l’anno. Come mostra da ultimo il sondaggio del Financial Times, il dibattito su questo tipo di prelievo si sta accendendo anche in Europa. Nell’Unione europea l’1% più abbiente della popolazione detiene circa il 22,5% di tutta la ricchezza, il solo 0,1% più ricco ne possiede il 10%. Una tassa come quella concepita da Zucman applicata sull’1% più ricco della popolazione Ue garantirebbe proventi per 150 miliardi di euro l’anno. In grado insomma di finanziarie interventi in un arco decennale da 1.500 miliardi di euro, il doppio di quanto stanziato tra prestiti e sussidi dal recovery Fund. Persino il Fondo monetario internazionale ha auspicato un aumento del prelievo sulle fasce più benestanti della popolazione per finanziare, in parte, lotta a pandemia e diseguaglianze.

I quattro paesi europei che hanno la tassa: In Europa sopravvive un quartetto di paesi che effettua un prelievo sulla ricchezza, nel 1990 erano 12, tre volte tanto. Si tratta di Spagna, Belgio, Norvegia e Svizzera. I prelievi sono comunque molto modesti. In Spagna si applica un prelievo dello 0,2% sulla quota di patrimonio oltre i 700mila euro. In Belgio la tassa scatta sopra i 500mila euro ed è dello 0,15%. Più significativo il prelievo in Svizzera che avviene però su base cantonale oscillando tra lo 0,3% e l’1% e partendo sa somme più basse. In Norvegia la tassa è dello 0,8% e si applica da circa 20omila euro (1,48 milioni di corone).

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