Cinema

L’ombra delle spie – The Courier, Benedict Cumberbatch tra Mi6 e Cia per salvare il mondo (ed è una storia vera)

L'attore si è trasformato nel “faccendiere” britannico Greville Wynne che con l'aiuto del colonnello sovietico Oleg Penkovsky recuperò documenti sensibili che attestavano l’intenzione del Cremlino di annientare il cuore d’Occidente con missili puntati sugli States da Cuba

di Anna Maria Pasetti

“Alcune bugie sono a fin di bene, l’importante è saperle raccontare”. Diceva il russo all’inglese. Benvenuti nell’amatissimo universo delle spie, cospiratore di fantasie letterarie e cinematografiche sempre seducenti. L’ultimo arrivato, solo in termini temporali, è L’ombra delle spie – The Courier diretto Dominic Cooke da una storia vera, presentato alla 15ma Festa del Cinema di Roma, e interpretato con la solita maestria da Benedict Cumberbatch, che di spioni, detective e codici segreti è un esperto, oltre che appassionato.

“Le spie sono personaggi molto interessanti per gli attori perché sottendono sempre misteri e giochi di ruolo e i cambiamenti sono molto rapidi e improvvisi”, ha dichiarato in assoluta convinzione. Detto fatto, Cumberbatch si è trasformato nel “faccendiere” britannico Greville Wynne assoldato per caso dall’esplosiva accoppiata Mi6 – Cia. Il contesto storico-politico è quello delle spy story per eccellenza: i primi anni ‘60 in piena guerra fredda tra minacce nucleari e opposizioni di blocco fra le due superpotenze. La Storia vuole che Wynne iniziò a fare da corriere (da cui il titolo The Courier) fra l’Occidente e l’Urss ove il valoroso colonnello sovietico Oleg Penkovsky (interpretato dal bravissimo attore georgiano Merab Ninidze) aveva deciso di salvare il mondo da catastrofe sicura In altre parole agiva come contro-spia russa per Usa e Gran Bretagna trasferendo loro documenti sensibili che attestavano l’intenzione del Cremlino di annientare il cuore d’Occidente con missili puntati sugli States da Cuba.

Quanto accadde a Wynne e Penkovsky è materiale noto, meno conosciuti invece sono i dettagli del loro rapporto che si rafforzò nei costanti “viaggi d’affari” fra Londra e Mosca in un’amicizia fondata su fiducia, onestà e lealtà. Perché entrambi, seppur appartenenti a culture, lingue e geografie distanti, credevano in una parola dal concetto universale: la pace.

Va detto che l’opera seconda di Cooke, regista prevalentemente teatrale e al cinema già apprezzato per Chesil Beach – Il segreto di una notte tratto da Ian McEwan, non aggiunga alcunché al genere spy movie, rafforzandone la confezione classica fatto di tensione emotiva e atmosfere intriganti, e tuttavia l’associazione alla “storia realmente accaduta” a cui ispira il suo lavoro (la ricerca è stata effettuata a partire dall’autobiografia di Wynne del 1967 intitolata The Man From Moscow: The Story of Wynne and Penkovsky) offre allo spettatore un motivo d’apprezzamento in più, scollandola dalla pur fascinosa fantapolitica ricca di cospirazioni, agguati e chiaramente di tanti spioni e contro-spioni. In altre parole, dagli 007 di turno. Penkovsky e Wynne sono due eroi fatti di carne e difetti, con famiglie a carico, intimoriti abbastanza da tormentarsi l’animo, consapevoli che tradire il valore della pace è più grave che non tradire la Patria.

Accanto ai due protagonisti spiccano due figure femminili interessanti, animate da giovani attrici già note qui a confermare piacevolmente il proprio talento: da una parte Rachel Brosnahan, ovvero la protagonista della serie tv starcult La fantastica signora Maisel, dall’altra Jessie Buckley di recente apprezzata interprete del magnifico Sto pensando di finirla qui di Charlie Kaufman. L’ombra delle spie – The Courier uscirà prossimamente anche nelle sale italiane.

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