Vi è mai capitato di girare per le bancarelle di un mercatino dell’usato? Se sì avrete notato che alcuni venditori propongono i 45 giri, vinili dalle dimensioni ridotte che contengono i singoli, cioè i brani di lancio di un artista. A fronte di una richiesta piuttosto limitata, i prezzi esposti solitamente si aggirano tra l’uno e i tre euro. Insomma, bazzecole, a differenza di quanto avviene per i 33 giri, gli album in formato vinile, che sono acquistati sia dai nostalgici che da giovani ascoltatori.

Ma l’era dei singoli è tutt’altro che finita. Semplicemente si presenta sotto un’altra forma: quella dello streaming. E a farla da padrone, come spesso succede quando si parla di ascolto liquido, è Spotify. Che propone ai 299 milioni di utenti mensili, dei quali 138 paganti (numeri del secondo trimestre 2020), le Playlist, che di fatto sono raccolte di singoli, cioè liste di canzoni proposte da artisti differenti. Ce n’è per tutti i gusti: dalle playlist dedicate ad un mood a quelle divise per genere, a quelle rivolte ad un periodo specifico. Qualcuno potrebbe anche paragonarle alle compilation, ma il concetto rimane quello di unificare canzoni provenienti da album differenti. O, trend in grande crescita, proporre brani pensati proprio per questo tipo di consumo.

E’ un bene o un male?

Se guardiamo il fenomeno con gli occhi di un appartenente alla cosiddetta generazione digitale non ci sono dubbi. Spesso per chi è nato nel 2000 i cd non esistono nemmeno. Il vinile invece, proprio a causa del ritorno in auge anche tra i giovani, sì. Ma inutile raccontarsi frottole: lo streaming è il presente e il futuro della fruizione musicale. Lo testimoniano i numeri diramati dalla Federazione Industria Musicale Italiana: l’82% dell’ascolto musicale mondiale è rappresentato da questa modalità, in crescita da anni, mentre il vinile copre il 5% del mercato e il cd è in caduta libera.

Chi invece è sempre stato abituato ad ascoltare gli album, composti solitamente da una decina di brani, urlerà allo scandalo. Le motivazioni sono spesso legate alla “dignità artistica” del compositore/esecutore. Questo perché si ipotizza che un album sia caratterizzato da un trait d’union che unisce le singole canzoni. In alcuni casi questa linea è più visibile, come accade per i concept album. Esempi ne sono “Tommy” degli Who, “Thick as a brick” dei Jethro Tull, “Seventh son of a seventh son” degli Iron Maiden; ma pure opere come “The Wall” dei Pink Floyd o “Sonic Highways” dei Foo Fighters. Ma si potrebbero includere migliaia di dischi “normali”, che contengono una tensione produttivo-compositivo-intepretativa che lega i singoli pezzi.

Per me – che a 37 anni ho vissuto la possibilità di approfondire un album, quasi sempre in formato cd, dedicandovi tutta l’attenzione possibile – l’ascolto di un disco rimane fonte di enorme piacere. Magari senza sorseggiare un bicchiere di vino, tirato in ballo con più gusto accanto al lento movimento di un vinile che gira sul piatto, ma nemmeno dovendo lottare con pop-up e – soprattutto – con una soglia dell’attenzione sempre sotto attacco. Che questa avvenga da parte di un lavoro in svolgimento mentre la musica esce da una cassa bluetooth, o dallo skip facile tra un brano e l’altro. Anche se, va detto, il tanto discusso cellulare oggi ha sostituito il lettore cd portatile.

E’ una rivoluzione o un’involuzione? L’artista sta perdendo il suo trono, cioè la sua centralità? A volte sì, ma lo scettro è ancora saldo nelle sue mani. Cambiano, quello sì, le dinamiche. Come si diceva sopra oggi la forma mentis produttiva può essere totalmente differente. I Coma Cose, italianissimi, ne sono fulgido esempio: hanno pubblicato molti singoli di successo e, solo nel 2019, con un’attenzione del pubblico già elevata, hanno fatto il passo dell’album (“Hype Aura”). Veicolando il tutto con YouTube e Spotify, oltre che con altre piattaforme di streaming meno seguite.

Un tipo di processo che ormai è considerato sempre più normale e che si confermerà nei prossimi mesi, in attesa di novità distributive su altre piattaforme, tra le quali TikTok, e di modalità coinvolgenti come le live, siano esse su YouTube o altrove.

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