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“Da un mese non riesco a comunicare con mamma”: la denuncia dei familiari di 40 pazienti di una Rsa nel Lazio

I parenti delle persone ricoverate nella Rsa Sacro Cuore di Lanuvio (struttura accreditata dalla Regione) raccontano che da inizio settembre è stata interrotta la comunicazione. La cooperativa che gestisce la struttura: "Tutti i giorni, in fasce orarie prestabilite, i familiari possono contattare gli infermieri per informazioni sulle condizioni dei propri cari. Pronti per nuovo servizio di videochiamate su Tablet"
“Da un mese non riesco a comunicare con mamma”: la denuncia dei familiari di 40 pazienti di una Rsa nel Lazio
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I familiari dei circa 40 pazienti della Rsa Sacro Cuore di Lanuvio (Roma) raccontano che da circa un mese non riescono a comunicare con i propri parenti ricoverati nella struttura accreditata dalla Regione Lazio. “Dai primi di settembre – denuncia la figlia di una signora malata di Alzheimer ospite della struttura – non vedo e non sento mia madre. Pare ci siano stati due casi di Covid tra i pazienti e altrettanti tra gli operatori, e da quel giorno l’accesso nella casa di cura è vietato“. Sospese anche le viste in giardino, dove prima era possibile almeno vedere i parenti recoverati, seppure restando a debita distanza. L’unico modo per comunicare sarebbe il cellulare: “Ho provato a comunicare con mamma e vederla al telefono ma al momento non sono riuscita a mettermi in contatto con lei. Ho segnalato più volte il problema sia al Sacro Cuore sia alla Asl di competenza, la Roma 6, ma non ho ottenuto alcun riscontro”. Anche altri familiari dei pazienti più fragili, che non sono in grado autonomamente di gestire una telefonata senza l’ausilio degli operatori, hanno denunciato alla Asl Roma 6 l’impossibilità di comunicare con i propri cari ma al momento la situazione non è cambiata.

“Non c’è dubbio – evidenzia il parente di un altro ospite della struttura – che la salute psico-fisica dei pazienti con demenza, come per tutti gli esseri umani, dipenda anche dalla qualità delle relazioni affettive con amici e familiari. Sarebbe dunque auspicabile che ci fosse una precisa direttiva da parte della Asl nei confronti delle strutture sanitarie assistenziali, affinché garantiscano agli ospiti la possibilità di effettuare video chiamate con cadenza regolare per mantenere e tutelare il rapporto affettivo con i familiari”. “Abbiamo inviato anche una diffida tramite avvocato alla Siar, la cooperativa che gestisce la struttura – spiega un altro familiare – ma ad oggi calma piatta. Mia madre è in condizioni molto precarie, ho paura ormai di non rivederla più”.

“Perfino durante il lockdown – aggiunge una signora che ha la mamma ricoverata nella struttura – si riusciva a fare una video chiamata a settimana o, almeno, ogni due. Questo era possibile solo con i pazienti che potevano scendere al piano terra per fare un po’ di terapia funzionale che, aiutati dagli operatori che mettevano anche a disposizione il loro tablet o smartphone, riuscivano a mettersi in contatto con i propri cari. Ora siamo completamente tagliati fuori”.

La Siar, la cooperativa che gestisce la struttura, ha spiegato in una nota che “tutti i giorni, in fasce orarie prestabilite, i familiari possono contattare gli infermieri per informazioni sulle condizioni generali di salute dei propri cari. Inoltre è disponibile per colloqui telefonici il medico responsabile una volta a settimana e una psicologa due mattine a settimana. I nostri operatori – prosegue la Siar – sono sempre a disposizione per aiutare i pazienti a fare chiamate o videochiamate. Per sabato prossimo abbiamo programmato l’avvio di un nuovo servizio, 7 giorni su 7, di videochiamate su Tablet con due fasce orarie giornaliere”.

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