Cultura

Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti da Valerie Perrin a Federica Micoli e Carlo Rovelli

di Davide Turrini e Ilaria Mauri

Helgoland - 3/4

Qualcuno dice: “Ancora Carlo Rovelli?”. Ebbene sì, ancora Carlo Rovelli. Da quando il fisico teorico veronese riuscì a farci capire in quattro parole che “il tempo scorre più veloce in montagna e più lento in pianura”, cioè che bastano pochi centimetri di dislivello e “l’orologio per terra va un pelino più lento dell’orologio sul tavolo” (L’ordine del tempo, Adelphi), appena intravediamo che è uscito un suo nuovo saggio divulgativo semplicemente ci scapicolliamo in libreria per acquistarlo con tanto di bavetta finto intellettuale pronti ad immergerci nelle tavole babilonesi dell’incomprensibile spazio tra scienza e filosofia. Qui in Helgoland (Adelphi), Rovelli si avventura istrionico, vellutato, paziente nella fisica quantistica omaggiandone il precursore Werner Heisenberg che nel 1925 si ritirò proprio in quell’isola del mare del Nord per poi compiere una tra le più importanti rivoluzioni scientifiche del secolo. La comprensione del mondo si regge sulla teoria dei quanti che però ha ancora immense parentesi aperte tra supposizioni e abbozzate teorizzazioni. Scansando l’insostenibile pesantezza della saccenza (gli n tentativi di spiegare la filosofia in edicola, ad esempio, furono il male di inizio secolo), assumendo con naturalezza un tono affabile e pacato, ma soprattutto spiegando questioni complesse con una vibrante e stordente profondità da romanziere puro, Rovelli compone un breve riassunto storico teorico sulla teoria dei quanti (i protagonisti sono appunto Heisenberg, Einstein, Niels Bohr, e un altro pugno di pionieri oltre la materia di inizio novecento), poi prendendo come snodo interrogativo del discorso il paradosso strano strano della “sovrapposizione quantistica” – ve lo spiega l’autore nel libro, altrimenti il saggio lo scriveremmo noi – eccolo planare sull’analisi di un mondo “granulare”, lontano dall’illusione “dell’immagine nitida e solida della vecchia fisica”, in cui vige un abbozzo di principio rovelliano legato all’interazione e relazione tra gli oggetti. “Le variabili fisiche non descrivono le cose: descrivono il modo in cui le cose si manifestano le une alle altre. Non ha senso attribuire loro un valore, se non nel corso di un’interazione”. Un sasso, spiega Rovelli, non ha una posizione di per sé: ha posizione solo rispetto ad un altro sasso contro cui si scontra. Altro esempio? La velocità: “Non esiste velocità senza stabilire rispetto a cosa (…) è una relazione tra due oggetti”. L’esempio del tizio che cammina sulla prua di un traghetto che intanto naviga su un fiume è l’illuminazione che fa il paio con gli orologi citati più sopra. Rovelli scalpella finemente atomi, elettroni e fotoni facendo staccare naturalmente i dettagli meno funzionali alla comprensione elementare dal tronco duro e astruso della specializzazione – leggasi ad esempio il calcolo matematico con equazioni – per giungere inevitabilmente al cuore di una continua possibile scoperta. “A non farsi domande non si impara nulla”, dice lui. Grazie Carlo, sempre. Voto (assolutamente quantistico): 8.

Helgoland - 3/4
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