“I sottoscrittori di questa lettera aperta, economisti, docenti di università e intellettuali, ritengono che l’indignazione che si è scatenata sulla retribuzione fissata dal precedente governo e venuta oggi a maturazione per il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sia pretestuosa e ipocrita, e dunque non solo ingiustificata ma illegittima“. Comincia così la lettera pubblicata su MicroMega da un gruppo di 30 esperti e professori universitari, tra cui Nicola Acocella dell’Università di Roma “La Sapienza”, Giuseppe Amari della Fondazione Giacomo Matteotti, l’economista Annaflavia Bianchi, la docente dell’ateneo del Piemonte orientale Maria Luisa Bianco, decisi a intervenire sul caso dell’aumento di stipendio a Tridico esploso negli ultimi giorni. “Perché si vuole ripetutamente attaccare personalmente il Presidente dell’Inps e non per esempio Franco Bettoni, il presidente dell’Inail a cui con il medesimo provvedimento deliberato dal precedente governo è stato attribuito un trattamento retributivo identico?”, si chiedono. “Perché proprio il professore Pasquale Tridico e non tutti gli altri dirigenti pubblici che con responsabilità anche minori godono di stipendi anche ben superiori?”.

I docenti credono che la motivazione che si cela dietro agli attacchi ricevuti dal capo dell’istituto di previdenza sia soltanto una: l’aver “ispirato e attuato due provvedimenti – quelli sul Reddito di cittadinanza e del decreto Dignità – particolarmente invisi a Confindustria e al ceto politico d’opposizione”. Norme che, a loro parere, “certamente hanno aiutato il lavoro e la parte più svantaggiata del nostro Paese”. “Poco importa che un reddito di sostegno contro la povertà esista in tutti i paesi europei (e che sia stato addirittura raccomandato dalla Commissione dell’Unione Europea)”, si legge ancora nella lettera. “Poco importa che, nonostante tutti i limiti, il decreto Dignità abbia funzionato favorendo le assunzioni a tempo indeterminato rispetto a quelle a termine. Poco importa che l’iter del provvedimento sulla retribuzione di Tridico sia stato deliberato dal governo precedente (guidato anche da Matteo Salvini) nel gennaio 2019. Poco importa se allora la retribuzione percepita dal predecessore (Tito Boeri) venne quasi dimezzata per Tridico, portandola a 61 mila euro lordi in modo da liberare 40 mila euro a favore di un vicepresidente richiesto dalla Lega”.

Secondo i professori, però tra cui compaiono anche i nomi di Riccardo Leoni e Stefano Lucarelli dell’Università di Bergamo, Enrico Sergio Levrero dell’Università Roma Tre e Ugo Marani dell’Università di Napoli “L’Orientale”, l’attacco a Tridico solleva anche un altro tema, cioè quello delle paghe per i privati. “Retribuzioni elevate sono opportune e compatibili in un periodo in cui tutto il Paese vive una crisi drammatica e tante persone stanno perdendo il lavoro o stanno per perderlo? Secondo noi no. È però sbagliato parlare solo di Tridico guardandosi bene dall’affrontare il problema generale. Perché non ci sono solo Tridico e l’area della pubblica amministrazione. Bisognerebbe semmai discutere se stipendi pubblici elevati siano coerenti e opportuni in questa fase economica; e ci sono anche i guadagni del settore privato, che arrivano a livelli sideralmente più alti quando si parla di top manager”. Di fronte a questo scenario, conclude la lettera, c’è solo una soluzione: “Se davvero ritiene eccessiva una retribuzione annua di 150mila euro lordi per chi guida l’organizzazione più complessa del Paese, chi attacca il professor Tridico proponga piuttosto un inasprimento fiscale per tutti gli stipendi e gli emolumenti, pubblici e privati, al di sopra della soglia che ritiene più consona al grave periodo che il Paese sta vivendo”.

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