Sondaggio: è notizia che il Parlamento europeo chieda sanzioni Ue contro il presidente bielorusso Alexander Lukashenko e condanni le violente repressioni delle proteste popolari che vanno avanti da oltre un mese? O è notizia che la Lega si sia astenuta, mentre M5s, Pd, Fi, Fdi e tutti quanti erano a favore?

A parer mio, non fa notizia né l’una cosa né l’altra: il Parlamento europeo non poteva non dire la sua su quanto sta avvenendo in un Paese ai confini dell’Unione, dove si combatte una battaglia per la democrazia; e la Lega non poteva schierarsi contro il presidente russo Vladimir Putin, stella polare – e magari pure ufficiale pagatore – della sua politica estera (e lo ‘zio Vladi’ è il nume protettore del despota bielorusso).

L’enfasi sul voto del Parlamento e lo scandalo sull’astensione della Lega sono, dunque, esagerati ed antefatti, a mio avviso. La risoluzione, adottata con 574 sì, 37 no e 82 astensioni, lascia il tempo che trova, perché le decisioni di politica estera dell’Unione europea devono essere adottate dal Consiglio dei Ministri degli Esteri dei 27.

L’Assemblea ha respinto i risultati ufficiali delle presidenziali bielorusse del 9 agosto, elezioni che si sono svolte “in flagrante violazione di tutti gli standard riconosciuti a livello internazionale “. Quando il mandato di Lukashenko – “leader autoritario” – scadrà, il 5 novembre, il Parlamento non lo riconoscerà più come presidente del Paese.

L’occasione per tradurre gli auspici del Parlamento in decisione dei 27 potrebbe esserci dopo che il “ministro degli Esteri” Ue Josep Borrell e i ministri degli Esteri dei Paesi dell’Unione avranno visto, lunedì, a Bruxelles, Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa, che sarà ricevuta anche dal presidente dell’Assemblea David Sassoli.

Illusorio ipotizzare che Lukashenko faccia passi indietro, dopo avere avuto a Soci l’avallo esplicito di Putin. Il ministero degli Esteri bielorusso valuta “esplicitamente aggressiva” e “non costruttiva” la risoluzione del Parlamento di Strasburgo. “Siamo delusi – dice in una nota – che gli eurodeputati non siano riusciti a trovare la volontà politica di guardare al di là del proprio naso e di superare l’unilateralità e non diventare ostaggio dei luoghi comuni”. Faccia tosta diplomatica? Minsk ha l’appoggio di Mosca e non avverte pressioni da Washington, poco attenta alle vicende bielorusse.

Noi Occidentali – ammesso che abbia ancora un senso parlare di “Noi Occidentali” – abbiamo smesso di volere esportare la democrazia sulle punte delle baionette: dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando l’avevamo, anzi l’avevano – loro, gli Alleati – difesa da nazismi e fascismi, non c’è stato nessun tentativo del genere andato a buon fine, da Cuba al Vietnam, dall’Afghanistan all’Iraq.

Ora, abbiamo la tentazioni di provarci con le sanzioni, cominciando sempre da Cuba al Venezuela, dall’Iran alla Russia. Ma non è che funzioni molto meglio. C’è il rischio che la Bielorussia si riveli un altro buco nell’acqua. L’esempio, che in fondo giocò un ruolo nella caduta del comunismo, potrebbe funzionare meglio, specie al tempo della globalizzazione e della comunicazione istantanea, alias “villaggio globale”.

Ma qui casca l’asino, anzi il leader: Lukashenko e Putin e pure il cinese Xi Jinping e molti altri satrapi autoritari saranno pessimi, dal punto di vista della democrazia, ma se l’Occidente offre modelli cospirazionisti alla Trump o negazionisti alla Bolsonaro c’è poco da sperare nell’esempio; anzi, c’è da sperare che i nostri “eroi” non siano contagiosi, politicamente parlando.

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