Contrordine: durante il lockdown gli italiani hanno letto meno. Diversamente dai dati diffusi da Istat, l’emergenza Covid-19 ha provocato un forte calo dei lettori di libri in Italia e ha anche fiaccato la domanda di acquisto, in particolare nei “lettori forti”, quelli che prima della crisi leggevano più di 12 libri l’anno. Questo preoccupante dato emerge da La lettura nei mesi dell’emergenza sanitaria, l’Indagine realizzata dal Centro per il libro e la lettura (Cepell) e dall’Associazione Italiana Editori (Aie) con la collaborazione di Pepe Research.

Possibile che i numeri siano così contrastanti? Sì, perché Istat prendeva in esame la lettura in senso allargato: libri, giornali, periodici, mentre l’indagine di Cepell-Aie è concentrata solo sui libri. In realtà Aie aveva già espresso molte perplessità al momento del rilascio dei dati da parte dell’Istituto di Ricerca.

Su un punto le due indagini concordano: la crescita degli ebook. Negli 2020 la lettura digitale è salita al 31% dal 26% del 2019, mentre il cartaceo rappresenta il 53% ed era il 69% nell’anno precedente. A maggio del 2020 la percentuale di italiani tra i 15 e i 74 anni che dichiarava di aver letto negli ultimi 12 mesi almeno un libro, compresi e-book e audiolibri, si attesta sul 58%, in calo del 15% rispetto al marzo dell’anno precedente. Il valore scende di un altro 8% quando si prendono in considerazione solo le letture degli ultimi due mesi, ovvero marzo e aprile. Il 50% della popolazione non ha letto libri in quei due mesi, mentre su base annua siamo al 42%. Io sono proprio diversa, perché durante l’isolamento ho letto di più.

Però in tutto questo sfacelo c’è anche un dato positivo: il 4,7% di persone che afferma che aumenterà la lettura di libri “quando tutto riaprirà”. Un po’ poco ma è l’unico segnale positivo in un mare di segni negativi: comprare libri -5,1%, utilizzare il prestito digitale -15,7%, frequentare festival letterari e fiere -33,5%. Dati che fanno impressione, soprattutto quello sulla partecipazione a fiere e festival e non giustificabili perché il ritorno alla “normalità” dovrebbe suscitare desiderio di socializzazione e partecipazione.

I ricercatori hanno cercato di capire perché gli italiani non si sono dedicati alla lettura durante l’isolamento. Su 19 comportamenti monitorati, leggere è un’attività che in tutte le fasce d’età si colloca, come tempo utilizzato, tra l’undicesimo e il sedicesimo posto. Per il 47% il motivo è stato la mancanza di tempo, il 35% la mancanza di spazi in casa dove concentrarsi, il 33% le preoccupazioni, il 32% ha sostituito i libri con le news.

Molto interessante è dove sono stati reperiti i libri da leggere. Il 51% ha letto i libri già presenti in casa, il 39% si è affidato agli store online, mentre le librerie sono crollate dal 74% al 20%, nonostante si siano organizzate per le consegne a domicilio. Vedremo se riusciranno a riconquistare i clienti perduti e se questi sapranno rinunciare alla comodità dell’acquisto online.

Cepell e Aie hanno lanciato l’ennesimo grido di allarme che non coinvolge non solo la scuola. La riduzione della lettura equivale a un impoverimento di tutta la società. Ma leggere è un’abitudine che si impara da piccoli. Oggi quanti genitori leggono libri ai propri figli? È molto più comodo guardare cartoni animati o una serie tv.

E la televisione quanto tempo dedica ai libri? Forse sarebbe opportuno studiare programmi nuovi per parlare di libri e lavorare molto sui social che sono i canali più seguiti dai giovani. Infine, anche la scelta comunicata da Aie di annullare l’edizione 2020 di Più Libri Più Liberi di Roma non influisce positivamente sui lettori.

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