Una parte della verità sull’omicidio di Mario Cerciello Rega e la soluzione al “giallo del tesserino” potrebbero trovarsi nei registri dell’ospedale Santo Spirito di Roma. E nella memoria, dodici mesi dopo, di chi lo ha soccorso. È per questo motivo che saranno chiamati a testimoniare i medici e gli infermieri del nosocomio romano che la notte fra il 25 e il 26 luglio 2019 hanno provato (invano) a salvare la vita del vicebrigadiere dei carabinieri, appena colpito da 11 coltellate nel quartiere Prati di Roma. Anche quelli dell’ambulanza dell’Ares 118 che ha portato il militare al pronto soccorso. Come noto, a processo nella Capitale ci sono due 20enni statunitensi, Finnegan Lee Elder, autore materiale dell’assassinio, e Christian Natale Hjorth, che lo accompagnava, entrambi accusati di omicidio volontario.

Il “giallo del tesserino” – Il collega di Cerciello Rega, Andrea Varriale, giovedì ha testimoniato di aver visto, poggiati sul muretto del pronto soccorso del Santo Spirito, “il tesserino e gli effetti personali di Cerciello”. Si tratta di una questione fondamentale per tutto l’andamento del processo. I due carabinieri erano andati all’appuntamento con gli americani in incognito, in borghese e senza pistola, per conto del presunto mediatore dei pusher che avrebbero dovuto vendere la droga ai due ragazzi. Il militare ha sempre asserito che entrambi si sono qualificati e di aver mostrato il tesserino – gesto inequivocabile in ogni paese del mondo – mentre la difesa punta a smontare questa ipotesi, portando avanti la tesi che gli americani si sentissero in pericolo e hanno reagito di conseguenza. Varriale ha raccontato, davanti al giudice, di aver visto il tesserino di Cerciello fra i suoi oggetti personali e il suo possesso renderebbe improbabile il fatto che non l’abbia mostrato al momento dell’aggressione. Ma il militare viene ritenuto dagli avvocati di Elder e Hjorth un “test di parte”. Per questo motivo Massimo Ferrandino, avvocato della vedova Rosa Maria Esilio, è intenzionato a chiedere il supporto dei sanitari, che quella notte hanno estratto gli effetti personali dagli indumenti di Cerciello Rega. “Varriale è un test veritiero, ma siamo pronti a procedere con altre testimonianze”, ha detto Ferrandino a Ilfattoquotidiano.it, spiegando anche come siano state richieste anche le prove documentali al nosocomio romano.

Il caso dell’ordine di servizio – Nel frattempo, ha fatto rumore la nota vocale fatta ascoltare in aula dall’avvocato Renato Bolzone in cui, il 28 luglio 2019, Varriale veniva esortato a “risolvere senza parlare con nessuno” la questione dell’ordine di servizio “vuoto”. Si tratta di una questione legata al regolamento interno: quando cambia la “missone” assegnata, i carabinieri devono relazionare all’istante circa i loro movimenti e lo scopo dell’operazione, ma è consuetudine che, in mancanza di tempo, questo “rapporto” venga scritto al ritorno in caserma. Così, due giorni dopo l’omicidio, il maresciallo Gaetano Armao aveva chiesto al suo sottoposto di “risolvere” quella mancanza. Nella giornata di venerdì, i legali di Armao hanno diffuso una nota in cui affermano che il maresciallo “non ha partecipato ad alcun accordo nella vicenda” e che “la sua condotta è stata sempre rispettosa della legge”. Per questo, “tuteleremo l’immagine del nostro assistito, che è a disposizione dell’autorità giudiziaria”.

Lunedì la nuova udienza, arrivano i periti – Il prossimo appuntamento è fissato per lunedì 20 luglio alle 9.30. Il calendario prevede la conclusione dell’esame del teste Andrea Varriale – iniziato mercoledì – A quel punto, inizierà l’escussione dei periti: il medico legale Vittorio Fineschi (noto per essere stato il consulente di parte della famiglia di Stefano Cucchi nel processo relativo alla morte del geometra romano); lo psichiatra Stefano Ferracuti, che ha definito Finnegan Lee Elder “capace di intendere e di volere” sebbene presenti un “profilo border-line”; i professori Iolanda Plescia e Mattia Bilardello che hanno eseguito la nuova traduzione dei colloqui effettuati in carcere fra gli americani e i suoi familiari, le cui prime versioni erano state contestate e impugnate dagli avvocati difensori.

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