Appartamenti sovraffollati, in cui è difficile – se non impossibile – trascorrere il periodo di isolamento senza infettare gli altri abitanti. Aziende in cui si lavora la carne, che per le basse temperature diventano terreno fertile di contagio tra i lavoratori. Ma soprattutto, arrivi da Paesi esteri in cui la situazione epidemiologica è nettamente peggiore rispetto alla nostra, con controlli insufficienti e quarantene a singhiozzo. Queste sono le caratteristiche comuni che si individuano dietro i nuovi focolai di coronavirus nati in queste settimane da Nord a Sud: dai salumifici del Mantovano alle case popolari di Mondragone, a Caserta. Da giorni infatti il numero dei contagi oscilla di poche decine di casi, senza mai segnare un netto calo: 208 oggi, 219 ieri, parallelamente a un crollo del numero dei tamponi. E al centro del dibattito politico entra un elemento in più: la responsabilità dei cittadini. Sindaci e governatori pensano di inasprire le sanzioni per i casi estremi, come la violazione dell’isolamento domiciliare. Il Veneto, ad esempio, ha previsto sanzioni dopo il caso di Vicenza. Senza escludere il trattamento sanitario obbligatorio in “in casi estremi e ben definiti”. Ecco i principali fronti aperti e le soluzioni allo studio.

Mattatoi e salumifici – Prima i casi negli Stati Uniti e in Germania (in particolare a Guetersloh, il più grande mattatoio d’Europa) poi i cluster nel Mantovano: salumifici e macelli sembrano essere particolarmente soggetti alla nascita di focolai. In Lombardia sono risultati positivi 68 lavoratori, in cinque diverse aziende tra Viadana e Dosolo. La ragione è stata studiata da un team di ricercatori coordinato dall’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente all’università di Pisa e capo della task force della Regione Puglia. La causa è da attribuire al freddo delle celle e all’umidità, che abbassano le difese immunitarie.

Rimpatri e casi importati dall’estro – È una situazione già vista in altri Paesi durante la pandemia: quando si supera la fase più critica, ci si comincia a blindare per evitare ‘casi di ritorno’, cioè importati da zone del mondo con un quadro peggiore. Molti dei focolai si sono originati con un contagio all’estero poi arrivato dentro i confini: una situazione segnalata anche dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: “I nuovi dati sui contagi ci dicono che la riapertura delle frontiere da molti Paesi ancora ad alto rischio richiede nuove e tempestive misure di prevenzione e controllo degli arrivi. Urgono decisioni per prevedere tamponi in aeroporto”. Solo a Roma, ad esempio, il 5 luglio sono stati registrati 6 positivi di rientro dal Bangladesh e un’altra donna, atterrata da Londra. Chi arriva da fuori dall’area Schengen ha l’obbligo di un periodo di isolamento. Non più prevista, invece, per chi arriva dall’Unione europea: così basta uno scalo a Parigi o Madrid per godersi le vacanze in Italia anche se si arriva dal Brasile o dal Texas, dove invece la pandemia continua a correre. Oggi la regione Lazio ha emesso un’ordinanza per aumentare i controlli sui voli in arrivo dal Bangladesh. Il provvedimento prevede che i passeggeri provenienti da Dacca e autorizzati dall’Enac siano sottoposti, al loro arrivo, al test sierologico e a quello molecolare, “affinché venga verificata tempestivamente l’eventuale positività e limitata la circolazione del virus”.

Anche l’imprenditore veneto al centro del focolaio vicentino è stato contagiato durante un viaggio all’estero, in Serbia: per questo il governatore Luca Zaia ha disposto, in un’ordinanza, un doppio tampone laringo-faringeo “per coloro che rientrano dall’estero per esigenze lavorative”. Un primo tampone sarà effettuato al momento del rientro, se risultano negativi possono tornare al lavoro, ma con l’uso della mascherina. Anche chi arriva in Italia dai Paesi a rischio per turismo è comunque tenuto a un isolamento fiduciario di 14 giorni.

Responsabilità individuale – Un altro dei temi in discussione al ministero è l’obbligo dei trattamenti sanitari e della quarantena. Alcuni focolai (incluso quello veneto) sono nati perché i positivi hanno violato deliberatamente l’isolamento. Antonio Decaro, presidente dell’Anci, ha detto di sì ai trattamenti sanitari obbligatori “in casi estremi e ben definiti, per tenere sotto controllo l’epidemia isolando i possibili diffusori del Covid-19”. Il ministro della Salute Roberto Speranza sta valutato possibili misure sulla spinta del governatore Luca Zaia, che per primo ha parlato di Tso obbligatorio dopo la vicenda dell’imprenditore vicentino. Contagiato in Serbia, l’uomo aveva continuato a uscire e a incontrare persone nonostante avesse già i sintomi: prima a un funerale (con la febbre) poi a una festa di compleanno. E perfino dopo la scoperta del tampone positivo aveva rifiutato una prima volta il ricovero. Tra le norme anti contagio ancora in vigore nella Fase 3, oltre al distanziamento e alle mascherine, c’è anche il divieto di frequentare i luoghi pubblici se si ha la febbre o qualche sintomo riconducibile al coronavirus. Zaia ha deciso di disciplinare l’isolamento con una nuova ordinanza che lo rende obbligatorio in tre casi: per chi ha avuto contatti a rischio con un positivo, per chi è tornato da uno dei Paesi esteri (ad eccezione di 36 Paesi, quasi tutti europei, considerati non a rischio) e per chi presenta contemporaneamente febbre e difficoltà respiratorie. Per i trasgressori c’è una multa di 1.000 euro, che scatta anche solo con una passeggiata.

Sovraffollamento familiare: isolamento impossibile – Dando per scontato il rispetto dell’isolamento, un altro problema che si pone è quello del sovraffollamento familiare: in un ambiente promiscuo, magari in condivisione del bagno, è estremamente facile che il positivo in quarantena finisca per contagiare chi abita con lui. È quello che è successo in Toscana, dove si sono sviluppati tre cluster familiari in meno di 2 settimane, per un totale di 18 persone contagiate. Il governatore Enrico Rossi è corso ai ripari emanando una nuova ordinanza, intitolata “Ulteriori misure di contenimento del contagio in ambito familiare e abitativo” con cui ha dato mandato ai sindaci di trasferire i positivi negli alberghi sanitari. Operazione fino ad oggi possibile solo su base volontaria. In caso di inosservanza le sanzioni vanno da 500 a 5000 euro. Anche il Veneto, con una nuova ordinanza, ha dato facoltà alle Ulss di collocare i soggetti in isolamento fiduciario extra-alberghiero anche in strutture alternative, nei casi in cui non sia possibile la permanenza in famiglia.

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