Era il 2011 e mi trovavo da qualche giorno a Lecce con Eugenio Scalfari per la presentazione di Scuote l’anima mia Eros, Einaudi. Era stanco Eugenio, e mi disse che meditava d’abbandonare l’appuntamento settimanale su Repubblica: “Farò come Montanelli. Indro scriveva quando aveva voglia. Tu che ne pensi?”. “È vero – risposi – ma il tuo editoriale, la domenica, è importante per il giornale. Repubblica non sarebbe più la stessa senza la tua firma settimanale”. Sorrise visibilmente contento, Scalfari, non ha mai nascosto il suo narcisismo, e cambiammo argomento.

Voleva fare come Indro. Ho raccontato sul Fatto questo episodio il 20 giugno 2017; lo riprendo perché c’è un clima “padronale” oggi a Repubblica e mi son chiesto cosa direbbe Montanelli, ora, di “Scalfari dimezzato”: ecco la sua lettera aperta.

“Caro Eugenio, mai avrei pensato di scriverti in circostanze così particolari; ci conoscemmo tanti anni fa e, nonostante i dissidi, i nostri rapporti sono stati cordiali: ‘Scalfari e io abbiamo questo in comune – scrissi – che non sappiamo mai bene se siamo più amici quando facciamo gli amici o quando facciamo i nemici’. Ricordi? Era l’atteggiamento giusto, diversità e stima.

Chiedo: c’è rispetto nel modo in cui oggi il padrone di largo Fochetti tratta il giornale e la tua persona? Se cambia ‘la sua natura liberal-socialista’ – dici – Repubblica non c’è più; è così, ma non vedi che la mutazione genetica del giornale è in atto. Elkann comanda. E di socialista con Molinari non c’è nulla.

‘Dall’Arca qualcuno fuggiva e altri tornavano – scrivi – Noè espulse i cattivi e ospitò i buoni’: l’arca è Repubblica ed è chiaro cosa intendi, usasti già la metafora in Incontro con Io, ma oggi è un boomerang: un tempo decidevi tu chi entrava o usciva dall’arca-Repubblica; oggi è Elkann, e la differenza non è di poco conto; una volta costruivi tu le favole, ora rischi d’essere solo un personaggio di narrazioni create ad Amsterdam, a Detroit a Londra o dove diavolo si trovino gli Agnelli-Elkann.

Dire ancora che Repubblica è indipendente, ‘un fiore all’occhiello’, significa compiacere Elkann dopo la defenestrazione di Carlo Verdelli e l’imposizione padronale. Sei già un personaggio della sua favola, Eugenio, e questo mi spiace assai. Nella mia Storia d’Italia ti critico, ma do un giudizio positivo di Repubblica. Ora non più. Il tuo giornale è cambiato; incrinato il tuo prestigio. ‘Non siamo mai stati, né mai saremo – scrissi – il giornale del padrone o del partito del padrone.’ E’ così anche per te? Elkann è un padrone ostico, Eugenio, e Repubblica è caduta nelle sue mani: un gesto etico sarebbe lasciarla per difendere la tua idea di giornale. Una testimonianza. Che resterebbe nella storia del giornalismo.

Quanto agli editoriali, pubblicheresti altrove senza nemmeno la scritta ‘Diverso parere’ che volesti per Ronchey, nel 1981, quando lasciò il Corriere caduto nelle mani della P2. E’ di queste ore un caso che mostra – a chi vuol vedere – quanto limitata sia l’indipendenza a largo Fochetti: Fca di Elkann, proprietario di Repubblica, incasserà 6,3 miliardi di finanziamenti dallo Stato.

‘Chi si prende i soldi pubblici dovrebbe almeno riportare la sua sede in Italia’, dice Andrea Orlando. E’ giusto. Ma Repubblica non vede il conflitto d’interessi (mica c’è in gioco B.) e appoggia la richiesta padronale. Altro che saltare qualche uscita domenicale!

Urge un gesto radicale, Eugenio; basta compromessi, e divagazioni su Dante, Cavour, Manzoni, mentre il padrone di Repubblica incassa denaro italiano e mantiene la sede fiscale all’estero. La Razza padrona, oggi, ha in mano il tuo giornale e molti meditano di abbandonarlo. Hanno ragione: dovremmo essere tutti d’accordo che se Fca ‘chiede prestiti miliardari deve evitare di distribuire dividendi nel resto d’Europa‘ (Peter Gomez), invece a largo Fochetti di ciò non si parla.

Non va bene. Repubblica non è più un quotidiano di sinistra: per un semplice motivo, non può esserlo il giornale della più ricca famiglia italiana, della più potente concentrazione industriale e bancaria del Paese. Pensaci. Indro”.

La Repubblica tradita

di Giovanni Valentini 12€ Acquista
Articolo Precedente

L’Unità torna in edicola per un giorno: titolo di prima e speciale sull’anniversario della strage di Capaci. Il direttore è Primo Di Nicola

next
Articolo Successivo

Enrico Mentana, un maestro sorridente e rigoroso che stavolta ha dato segni di insofferenza

next