Sopravvivrà Giuseppe Conte al Coronavirus? Certo è che la caccia selvaggia prosegue senza tregua. Non tanto al governo, quanto alla specifica persona del premier; a conferma che qui si tratta di un fatto assolutamente personale: la sua estraneità rispetto ai circuiti dell’establishment romano. Il pollaio dove ci si conosce tutti, si hanno ben presenti le rispettive magagne e i vari punti deboli, si pratica lo scambio politico sottobanco.

Per cui non stupisce l’acrimonia di questa opposizione sgangherata, la furia di webeti e mannari da tastiera. Neppure il doppiogiochismo di buona parte della stessa maggioranza, obnubilata dall’inevitabile esposizione mediatica del capo del governo. Il suo aver imparato rapidamente il mestiere, mettendo a frutto anche in trasferta personali attitudini relazionali e buone maniere. Merce rara nel trucidume nostrano.

L’aspetto macroscopico – semmai – è la concentrazione quasi all’unisono del nostro sistema informativo, che ha scatenato nella demonizzazione del leader, alla guida di un Paese in piena emergenza, le penne più acuminate a disposizione e le più collaudate facce da talk-show. Dai giornalacci che raccolgono gli spurghi peggiori per gratificare il proprio parco lettori, ossessionati dalla vista di comunisti dietro ogni angolo, alle più contegnose testate che si spendono antichi quarti di nobiltà: dalla cattedrale milanese, migrata dai quartieri alti di via Solferino alla più periferica via Angelo Rizzoli, al conglomerato già rampante (oggi clava al servizio dei propri mandanti padronali) Gedi-Exor.

Ma nemmeno questo dovrebbe stupire, una volta fatto il tampone-purezza alla vocazione editoriale dei rispettivi padroni. No, piuttosto lo stupefacente è la pochezza argomentativa dei proiettili sparati da quell’incessante cannoneggiamento. Di una penosa genericità.

“Conte è impreparato!”. E sarebbero preparati i suoi potenziali sostituti? Compreso SuperMario Draghi, che comunque sembra più “l’uomo dello schermo” che non una reale alternativa (un banchiere con qualche personale scheletro nell’armadio e per di più snobisticamente nasetto: ma ve lo immaginate a fare un governo con la sua grisaglia antracite mescolata allo scaimannato salvinian-melonico?).

Se non altro il presunto impreparato è un fior di avvocato che apprese la materia alla corte di un maestro come il mio vecchio compagno di scuola Guido Alpa. Un professionista che, sia pure con qualche frivolezza del mestiere, come i curricula ritoccati, sta rivelando senso del dovere e notevole impegno. “Errori di comunicazione?”. A parte l’invadente presenza al prezzemolo di Rocco Casalino, in genere l’argomentazione che ci è giunta da Palazzo Chigi è risultata efficace e giustamente motivante.

E poi, in tutto questo bailamme sappiamo tirare in ballo solo un argomento altamente opinabile tipo cadute nel public speaking? Di cui, in ogni caso, l’onere della prova dovrebbe spettare a chi muove tale addebito, dal malignetto Alessandro De Angelis al pensoso Massimo Giannini. In attesa che – in mancanza di meglio – se la prendano perfino con la comunicazione non verbale. Magari l’uso o meno della pochette, come ha cominciato a fare su la Stampa Massimiliano Panarari; non propriamente un arbiter. Ma probabilmente questi denigratori su commessa non si preoccupano dei contenuti, fidando sugli effetti cumulativi del messaggio: il vecchio detto repetita iuvant.

Per ora tiene il parafulmine del consenso da parte degli italiani. Che in Conte trovano personificate esigenze espresse da tempo: una persona estranea al rettilario dei partiti italiani; qualcuno che non fosse un politico di professione. Alla ricerca di quell’impegno bricolage (“per un po’, ma non a vita”) che Flores D’Arcais indica da sempre come antidoto alla partitocrazia e ai suoi tristi disperati (velenosi).

Purtroppo aleggia un precedente inquietante: all’inizio di Tangentopoli i magistrati milanesi erano in cima a tutti i sondaggi sull’apprezzamento pubblico. E perfino il controverso Antonio Di Pietro fu trasfigurato in angelo vendicatore. Poi scattò l’operazione mediatica, allora orchestrata dai mazzieri berlusconiani, e in poco tempo gli antichi eroi furono sviliti a ingombranti giustizialisti. Forse proprio a qualcosa di analogo punta la canea all’inseguimento del premier.

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