Nei talk e sui giornali si parla di tutto, specie dei ritardi e delle lungaggini per l’erogazione delle provvidenze o di amenità linguistico-lessicali (la più gettonata decisamente quella della definizione da dare al termine congiunto). Ogni tanto poi qualche volenteroso fa un’inchiesta, tira fuori un conflitto d’interesse dimenticato, una nota del ministero inevasa. Tutto bene.

Ma forse il giornalismo farebbe anche meglio ad occuparsi di un aspetto di questa crisi che non mi pare sia stato messo in luce: e cioè del fatto che, specie al Sud e dove il sindacato è debole, non pochi imprenditori dopo avere messo in Cassa integrazione i loro dipendenti per il Covid 19 li hanno richiamati silenziosamente in azienda per farli lavorare di nascosto, dunque pagati dallo Stato. Magari allettandoli con un pugno di euro (in aggiunta alla Cig).

Succede appunto nelle zone dove il sindacato è debole o non esiste (purtroppo ci sono ancora) e dove i lavoratori sono meno tutelati e di fatto più deboli e indifesi rispetto ai ricatti padronali; che a volte sono tali anche quando si tratta di richieste alle quali non si può dire di no.

Non vorrei sbagliarmi ma nel festival informativo di queste settimane di pandemia in cui il giornalismo soffocante e onnipresente del “non va bene” ogni giorno ha chiamato opinionisti e la più varia umanità a conferire su spiagge e ristoranti, non ho mai avvertito una benché flebile denuncia su quanto accade in alcuni luoghi di lavoro dove la Cig viene utilizzata da padroncini senza scrupoli per sfruttare ancora di più i dipendenti ed arricchire le proprie casse.

Piangono sempre certi imprenditori, ma ad alcuni piace esibirsi nel più classico “chiagni e fotti”, e non c’è nessuno tra loro che pensi a denunciare simili comportamenti. Perché Carlo Bonomi non alza la voce anche su questo indegno sconcio, perché non dice che questa gente è fuori da Confindustria, perché il Sole24ore non fa un’inchiesta con i suoi bravi professionisti?

Si risponderà: “chi sa denunci” o che non si sapeva, ma non ci vuole molto, con occhi e orecchie funzionanti, ad accorgersi della non rara presenza di questa vergogna in certe zone del paese. Un malcostume, bisogna aggiungere, rispetto al quale anche i sindacati non sembrano sufficientemente attenti. Anche loro a volte appaiono vittime del mainstream alla moda e non riescono a proporre una narrazione alternativa.

Forse è il caso allora che certa informazione si rimbocchi le maniche e si metta a lavorare sul campo invece che al desk, e che lo Stato infine cominci a fare il suo dovere, non solo nel colmare i ritardi dei finanziamenti ma scovando e punendo con mano pesante questi furbetti della Cig. Quegli stessi, probabilmente, che poi si lamentano per le provvidenze che non arrivano.

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