Procede senza sosta da settimane il dibattito sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri impiegati in agricoltura o come badanti e colf e ancora non si è giunti ad una soluzione. Questa attesa estenuante sta creando dei danni enormi nel frattempo: frutta e verdura lasciate a marcire nei campi perché non ci sono lavoratori impiegabili nel raccolto.

Come sappiamo i lavoratori stranieri sono circa 400mila, ma attualmente 200mila comunitari sono bloccati nelle loro nazioni di origine (per lo più Est Europa) a causa dell’emergenza Covid-19.

La prima, semplicistica proposta dalla parte datoriale è stata quella di un decreto flussi straordinario per portare qui i lavoratori nonostante il blocco degli spostamenti generalizzato se non per cause di ritorno a casa. A questa risposta noi, sindacati e associazioni di categoria, abbiamo da subito opposto la quanto mai necessaria regolarizzazione dei 500mila irregolari presenti già sul territorio. Far finalmente emergere il sommerso e destinarlo ad un lavoro regolare. Un’occasione per sconfiggere il caporalato e le mafie che lo governano.

La legge promossa dalla ministra Teresa Bellanova non è quello che auspicavamo e rappresenterebbe solo una toppa momentanea ad un problema che andrebbe affrontato con programmazione e protocolli chiari, che avremmo già discusso e approvato in un Tavolo tecnico comune, e non in via emergenziale e utilitaristica (tipico approccio neoliberista a questioni di carattere sociale).

Nonostante ciò, in questa fase il decreto in oggetto sarebbe comunque un grosso passo in avanti in termini di diritti e nella capacità di instillare una sana riflessione generale sul tema atavico del contrasto al caporalato e lavoro nero.

Sembrava raggiunto un compromesso nel Governo sulla base di un permesso temporaneo di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro alla sottoscrizione del contratto, per i migranti che lavorano nei campi, con una serie di vincoli stringenti. Niente di così straordinario come dicevamo, eppure resiste la strenua e intransigente opposizione di parte della maggioranza che adduce argomentazioni oggettivamente incomprensibili, che a volte sfociano in vere e proprie frasi nonsense.

Non siamo ingenui, sappiamo perfettamente che questo temporeggiare o respingere ottusamente nasconde la precisa volontà di compiacere quella parte più ciecamente intollerante di elettorato, per non avere emorragie di voti a destra. Il che è del tutto irresponsabile e sciocco se si considera che le ultime sanatorie in Italia sono state fatte da governi di destra. Ma sono discorsi moralmente molto poveri che preferiamo evitare.

Come dicevo prima, rispetto a chi come noi di NoCap vuole affrontare e risolvere il problema dalla parte dei diritti e della giustizia sociale, c’è chi lo stesso problema lo strumentalizza in un’eterna campagna elettorale di contrapposizione deviata tra lavoratori su base nazionale, cercando di distruggerne l’unità di classe.

Dobbiamo essere molto chiari su questo punto: il lavoro nero e sottopagato crea concorrenza sleale al ribasso che arricchisce solo sfruttatori e intermediari illegali, finendo per metterci gli uni contro gli altri in una guerra tra poveri italiani e non.

Eppure, per puro pragmatismo, la regolarizzazione comporterebbe benefici enormi alle casse del nostro Erario in termini di contribuzione versata e in questa fase di emergenza sanitaria rappresenterebbe una messa in sicurezza di situazioni critiche pronte ad esplodere. Non dobbiamo certo spiegare noi ai parlamentari che il Testo Unico Immigrazione vigente fa distinzione tra stranieri regolari e non regolari in termini di assistenza e accesso ai servizi alla salute erogabili dal Sistema Sanitario Nazionale.

I tanti ghetti presenti in Italia sono dei possibili focolai in quanto in essi è veramente impossibile rispettare le norme igienico-sanitarie obbligatorie previste dagli ultimi decreti. Ecco perché non si può essere timidi e strumentali in questo momento. Servono documenti, servono diritti e serve dignità per i lavoratori.

Da parte dei legislatori è richiesta invece responsabilità e serietà, che è quanto di più lontano esista da certe pseudo-proposte alternative che sono state avanzate in questi giorni. Dal ritorno dei voucher, all’impiego di studenti (come se non stessero continuando a studiare), fino all’utilizzo dei percettori del reddito di cittadinanza.

Premesso che l’agricoltura richiede competenza ed esperienza, capacità di lavorare con strumenti tecnici e macchinari avanzati nonché perizia nei vari processi, e non è un passatempo al quale destinare qualsiasi improvvisato come se fossero lavori forzati. A questo principio vorrei aggiungere che dall’inizio dell’emergenza i beneficiari del reddito di cittadinanza e i disoccupati italiani che hanno fatto richiesta per lavorare in agricoltura sono meno di 10mila, a scapito dei numeri necessari sopra citati.

Mettiamo da parte gli slogan e le strumentalizzazioni politiche. Essere contro la regolarizzazione dei migranti vuol dire condannarli allo sfruttamento e alla schiavitù. Chi è contrario è complice dei caporali e delle organizzazioni criminali che se ne avvalgono.

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