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Silvia Romano è tornata in Italia. “Sono felicissima, voglio stare con la mia famiglia”. Poi in Procura per l’interrogatorio. Conte: “Eravamo in dirittura d’arrivo da mesi” – FOTO

La giovane, che era volontaria in Kenya, torna a casa dopo 18 mesi di prigionia. È scesa dall'aereo sorridente, indossando l'abito tradizionale somalo e la mascherina. Poi è stata portata nella caserma dei Ros a Roma per ricostruire le tappe del sequestro
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Silvia Romano è tornata a casa. Dopo 18 mesi di prigionia e alcune ore passate nel compound Onu a Mogadiscio, la ragazza, 25 anni, è atterrata alle 14 a Ciampino ed è scesa dall’aereo vestita con il “jilbab”, l’abito tradizionale somalo, di colore verde. Indossava anche guanti monouso azzurri e mascherina, che si è tolta per mostrare il sorriso e salutare. Lunghissimo l’abbraccio con i familiari che l’hanno attesa sulla pista dello scalo romano. “Sto bene per fortuna, fisicamente e mentalmente, sono felicissima, ora voglio stare solo con la mia famiglia”, ha detto appena arrivata. Ad accoglierla anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che l’hanno salutata toccandosi i gomiti, come imposto dalle regole anti-Covid.

Conte: “Eravamo in dirittura finale da mesi” – “Queste sono operazioni che necessitano il massimo riserbo. C’era stata la prova in vita. Eravamo in dirittura finale da qualche mese, ma abbiamo mantenuto il massimo riserbo su queste notizie”, ha spiegato il premier sottolineando che la liberazione della cooperante milanese è “un segnale che lo Stato c’è in questo momento di grande difficoltà. Risultati come la sua liberazione, ha aggiunto, “si ottengono solo c’è abnegazione, in particolare dell’Aise”, ma il suo grazie è andato “anche alla Farnesina e all’Unità di crisi, al ministro Di Maio, all’autorità giudiziaria”. “Quando lavoriamo insieme coesi, concentrati, ce la facciamo sempre – ha concluso – È un bel giorno, sono molto contento per Silvia, per i suoi genitori e per tutti gli italiani che hanno atteso questo momento”.

L’interrogatorio sul rapimento – La ragazza, che era stata rapita il 20 novembre 2018 in un piccolo villaggio del Kenya dove lavorava come cooperante, dopo essere stata sottoposta al test per il coronavirus già in aeroporto, è stata trasportata nella caserma del Ros per l’interrogatorio, condotto dal pm Sergio Colaiocco e gli ufficiali dell’antiterrorismo che in questi mesi hanno svolto le indagini. Gli inquirenti vogliono ricostruire con la cooperante italiana le varie fasi del sequestro.

I temi per gli investigatori – Al centro i momenti di quando fu prelevata dai rapitori, la sua conversione all’Islam – di cui lei stessa ha parlato agli 007 – e le fasi del rilascio con l’ipotesi del pagamento di un riscatto. Sul suo rapimento i magistrati di piazzale Clodio hanno avviato una indagine che nei mesi si è avvalsa delle collaborazione sia delle autorità kenyote che di quelle somale. Per chi indaga la prima fase del sequestro è stata gestita da una banda composta da 8 persone che avrebbe poi ceduto la ragazza a gruppi islamisti legati a Al Shabaab in Somalia.

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