Armatore, parlamentare per tre legislazioni, sindaco, presidente del Calcio Napoli, ma sopratutto figlio di un padre ingombrante, O’ Comandante. Il 1° maggio ricorre il 50esimo anniversario della morte di Gioacchino Lauro, primogenito di Achille. Uomo generoso e stravagante, non sempre compreso dal padre. Fu invece commemorato in aula con grande elogio da Sandro Pertini, allora Presidente della Camera. Oggi gli psicanalisti spenderebbero fiumi di parole nel tentativo di sviscerare quel rapporto non risolto fra padre e figlio. Troppo autoritario il primo, bisognoso di essere ascoltato il secondo.

Pochi sanno che Gioacchino fu autore di un libro (1945), Io difendo mio padre, scritto per dimostrare l’innocenza del padre dalle accuse di collusione con il fascismo. Il libro è una ricostruzione della storia sulla Flotta Lauro dalle sue origini e comprende un’ampia documentazione, tesa a dimostrare come Lauro non avesse avuto bisogno del regime per diventare una assoluta potenza marittima. Lo era già: allo scoppio della II guerra mondiale contava infatti ben 58 navi di proprietà. Date e cifre per l’acquisto delle navi e delle testate napoletane (Roma e Il Mattino) incisero non poco sull’assoluzione del padre al processo. Era stato arrestato dalle forze alleate e portato nel campo di concentramento di Padula. Alla fine della guerra Gioacchino fu in prima linea al fianco di Achille nel recupero della flotta andata distrutta.

Entrambi carismatici, crearono intorno a sé una robusta rete di consensi. Se ‘O Comandante fu campione di populismo, Gioacchino, con savoir faire da uomo di mondo (parlava quattro lingue) si dedicò ai traffici marittimi internazionali, inaugurando le sedi estere della flotta da Londra a Sydney, di cui assunse il pieno controllo. L’avversario da battere era Onassis.

Una dinastia di potenti, i Lauro. Furono i Kennedy made in sud, denaro, successo, belle donne, ebbero tutto, persero tutto. Ne L’altra metà della storia il saggista Marco Demarco ha sostituito ai giudizi sommari sul laurismo quelli più di merito. “Lauro si è rivelato infatti un perfetto capro espiatorio e un colossale falso alibi per tutti coloro che hanno amministrato dopo di lui. E’ il caso della persistente marginalità, dopo più di mezzo secolo, di Napoli e del Sud”, spiega Demarco.

Con spirito da mecenate Gioacchino volle a Sorrento gli Incontri del Cinema, l’esordio nel 1966 con la direzione artistica di Gian Luigi Rondi, e davanti alla maestosa costiera del golfo ormeggiarono gli yacht più belli del mondo, dai quali scendevano Silvana Mangano, Silvana Pampanini, Vittorio Gassman, Vittorio De Sica, Michelangelo Antonioni. Seguivano party memorabili a Villa Angelina di MassaLubrense, fra gli ospiti anche Ingrid e Ingmar Bergman e la principessa Cristina di Svezia, che regalò al piccolo Giampiero, figlio di Gioacchino, un cavalluccio a dondolo in legno rosso.

Gioacchino portò Dino Zoff, il fuoriclasse dei portieri, a Napoli, soffiandolo al Milan e all’Inter, e la squadra di calcio dalle retrovie delle classifiche fu catapultata a un passo dalla scudetto.

Poi arrivò l’ora più buia. Mai come in quel momento il figlio avrebbe voluto avere vicino a sé un padre e non un partner d’affari, un freddo calcolatore. Risultato: la corte di adulatori si trasformò in approfittatori, i creditori divennero sciacalli. I prestiti si convertirono in cambiali. Il crack di 7 miliardi di lire fu inevitabile. Il padre chiese e ottenne un provvedimento tutelare contro il figlio per spezzare l’ingranaggio debito/credito.

Un tumore fulminante all’esofago uccise Gioacchino a 50 anni, ma la malattia fece avvicinare il comandante al letto del figlio morente, anche se i giornali dell’epoca specularono sulla falsa notizia che il padre non andò mai a trovarlo. Achille si presentò in clinica e fu un incontro drammatico che strappò le lacrime a entrambi. Gioacchino non vide il crollo di quella flotta, che si sarebbe potuta salvare se solo ci fosse stata la volontà politica…

“Mio nonno – ricorda Achille Eugenio Lauro, che ha scritto la biografia Il Navigatore (Mondadori) – per la sua personalità e per la sua militanza nei partiti della destra aveva nemici politici giurati. Se si torna all’inizio degli anni ’80 e si ripercorre quel difficile periodo economico della storia del paese, con tassi di interesse che sfioravano il 20%, si ricorderà anche delle tante aziende salvate dai carrozzoni statali quali la Gepi, la Cassa del Mezzogiorno, solo per fare alcuni esempi. La Flotta Lauro nel febbraio dell’82, quando fu commissariata, aveva una crisi di liquidità ma con il suo netto patrimoniale di oltre 100 miliardi avrebbe potuto sopravvivere agevolmente se solo si fosse voluto. Interessi politici ma anche economici di competitors a cui non parve vero di poter occupare gratuitamente i traffici marittimi che erano stati dei Lauro”.

Ci sarebbe da scrivere un libro solo su questo, ma qui si sta commemorando Gioacchino.

pagina Facebook di Januaria Piromallo

Articolo Precedente

Immuni, c’è un problema non considerato: e se a qualcuno venisse l’idea di denunciare l’untore?

next
Articolo Successivo

Coronavirus, noi italiani siamo dei bambini

next