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Coronavirus, un aumento di stipendio che colpisce nel vivo il sacrificio di medici e infermieri

Coronavirus, un aumento di stipendio che colpisce nel vivo il sacrificio di medici e infermieri
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Da un po’ di tempo avevo perso le tracce di un collega, Giancarlo Ruscitti, che era passato a gestire la sanità prima dal Veneto, indagato nel caso Mose, poi in Lombardia, in qualità di amministratore delegato della Fondazione Opera San Camillo dove io lavoro da decenni. Io stesso avevo espresso critiche nei suoi confronti. Ruscitti è stato allontanato per la sua gestione che ha portato ad innumerevoli perdite con obbligo di vendere strutture; per finire poi fra le braccia di Michele Emiliano in Puglia.

Ora lo ritroviamo ancora a dire la sua in sanità in una Regione non più leghista o comunque di destra; nemmeno in una di sinistra ma in una delle regioni a gestione autonoma italiana: il Trentino Alto Adige.

Ma possibile che in Italia, popolata da decine di milioni di persone, possano essere sempre gli stessi a gestire la sanità anche con giunte politicamente così diverse e con gestioni non sempre salutari? Saranno così brave ed esclusive?

Ecco che giunge la notizia che l’amministrazione locale, con delibera del 13 marzo retroattiva al 1 marzo, proprio in questo momento drammatico decide di concedere un incremento di stipendio a Ruscitti. Giusta protesta degli infermieri che si sentono colpiti nel vivo, visto l’impegno in prima linea.

Ricordo che al 26 aprile ci sono 150 medici morti, 34 infermieri e 13 farmacisti. Anche questa è l’Italia.

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