“Anche oggi, soprattutto oggi, ha senso parlare di felicità. Perché essere felici non vuol dire ignorare la gravità della situazione o non essere tristi, anzi. Bisogna elaborare il lutto, è giusto lasciare spazio alla tristezza. Ma possiamo farlo in un modo che non ci distrugga. Così, se il virus dovesse contagiarci, le nostre difese immunitarie non saranno già stremate da settimane di ansia”. Parola di Laurie Santos, docente di psicologia all’Università di Yale, negli Stati Uniti.

Dal 2018 tiene il corso più celebre dell’ateneo. Si intitola The science of well-being, “la scienza del benessere”, ed è nato per rispondere all’incremento nel consumo di psicofarmaci tra le matricole statunitensi, sempre più soggette a crisi di panico. L’idea di Santos è che la felicità non sia qualcosa di statico, che tocca in sorte alla nascita in una data quantità, ma qualcosa da allenare ogni giorno: dipende da come affrontiamo le situazioni più che dalle circostanze in sé.

Gli incontri in aula hanno riscosso tanto successo che il corso è stato trasferito online – gratis su Coursera, con videolezioni sottotitolate in cinque lingue ed esercizi per mettere in pratica quanto imparato – così da renderlo fruibile da chiunque. Con l’arrivo del coronavirus il numero di partecipanti è triplicato, sfiorando i due milioni di iscritti, per un totale di oltre 35 milioni di visualizzazioni. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto alla professoressa qualche suggerimento per affrontare questo momento di crisi.

“La prima cosa da fare è riconoscere le emozioni che stiamo provando, dar loro valore”, raccomanda Santos. “È inutile fingere che vada tutto bene, l’emergenza sanitaria ci sta mettendo alla prova. Cominciamo col non biasimarci per quello che sentiamo, se abbiamo paura o se lavoriamo poco”, dice. “Vale anche per le relazioni: la situazione è stressante, è normale che i rapporti subiscano la tensione. Come io sono affaticata, anche il mio partner lo sarà. Motivo in più per esercitare la gentilezza appena possibile”, dice.

Il modo migliore per evitare il panico è prendere le distanze dal problema che ci assilla. “C’è un trucco semplice per arginare l’ansia quando temiamo di perdere il controllo. Rivolgersi a sé stessi in terza persona. Anziché chiedermi ‘cosa devo fare?’ mi domando cosa dovrebbe fare Laurie. Sembra una sciocchezza, ma permette di allontanarsi dalle sensazioni che prenderebbero il sopravvento e di rispondere con razionalità. Per questo aiutare gli altri fa bene: focalizzarsi su una situazione diversa dalla propria tranquillizza”, consiglia la docente.

Anche pensare al futuro, a cosa resterà di questi giorni tra qualche anno, funziona: “Allontana nel tempo dal momento critico: cambia la prospettiva e l’ansia diminuisce. Spero ci ricorderemo resilienti, ma soprattutto spero avremo memoria dei gesti che ora ci mancano, per assaporarli di più”, auspica la psicologa.

Fino ad allora, l’obiettivo è limitare la solitudine anche grazie alle nuove tecnologie. “Rimanere isolati fisicamente non impedisce di trascorrere del tempo insieme. Più sapremo essere informali, più condivideremo momenti genuini. Le videochiamate servono per le riunioni di lavoro, ma vanno benissimo anche per una serata con le amiche, in pigiama e con la maschera di bellezza sul viso”, raccomanda.

E per chi ha perso una persona cara senza nemmeno poterla salutare? “I riti pubblici – quelli riconosciuti dalla collettività, come i funerali – sono vietati. Ma studi scientifici dimostrano la forza dei rituali privati. Gesti piccoli, apparentemente irrilevanti – come scrivere di chi non c’è più o riascoltare una canzone che ce lo ricorda e piangere – possono essere molto potenti, permettendoci di metabolizzare il nostro dolore”.

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