L’Abi è favorevole ad attivare da subito prestiti che consentano ai lavoratori sospesi dal lavoro a causa dell’emergenza di avere dalle banche un’anticipazione della cassa integrazione prevista nel decreto “cura-Italia”. Lo si legge in una nota secondo cui la lobby bancaria “è pronta a rendere immediatamente operativa la precedente Convenzione“. I vertici Abi fanno un appello “affinché anche le altre parti coinvolte diano massima e immediata disponibilità a concordare urgentemente le modalità operative”.

Ieri Alitalia ha comunicato che intende allargare la platea di dipendenti da mettere in cassa: chiederà di aggiungere altri 2.900 lavoratori ai 3.960 per cui aveva già chiesto gli ammortizzatori, per un totale di circa 6.800 persone di cui 2.785 solo per l’emergenza Covid-19. Una richiesta che rischia di rendere più difficile la trattativa con i sindacati, che hanno già detto no alla richiesta iniziale. ArcelorMittal dal canto suo ha comunicato alle organizzazioni sindacali e a Confindustria Taranto di essere “costretta, suo malgrado” a ricorrere alla cassa integrazione ordinari per un totale di 8.173 addetti dello stabilimento di Taranto – 5.626 operai, 1.677 impiegati e 870 equivalenti -, ovvero tutto il personale dello stabilimento, dal 30 marzo per 9 settimane.

L’Ufficio parlamentare di bilancio, nella memoria sul cura Italia depositata in Parlamento, ha quantificato in ben 13,5 miliardi al mese le risorse necessarie per garantire l’integrazione salariale a tutti i lavoratori fermi a causa della pandemia e delle misure di contenimento e a quelli che erano in difficoltà già prima. “Sulla base delle ipotesi fatte, circa 4,6 miliardi sarebbero dovuti all’introduzione del decreto e circa 8,9 miliardi di effetto tendenziale, ossia dovuto all’applicazione delle normative pre DL 18/2020″, spiega l’authority sui conti pubblici. Nel complesso delle nuove prestazioni, “per effetto del decreto circa 14,7 milioni di soggetti (circa il 90 per cento del totale dei dipendenti privati) risulterebbero coperti da qualche forma di tutela dai rischi connessi all’epidemia“. Esclusi i lavoratori domestici, per i quali è prevista solo la sospensione dei termini relativi ai versamenti dei contributi e, “con un’elevata probabilità, la possibilità di usufruire dell’indennità che verrà erogata a carico del Fondo per il reddito di ultima istanza”, e “circa 1,1 milioni di lavoratori discontinui non occupati all’inizio dell’epidemia” e non appartenenti ai settori specificamente tutelati con l’indennità fissa di 600 euro. Questi ultimi potrebbero però in parte ricorrere alla Naspi oppure anche in questo caso all’indennità erogabile dal Fondo per il reddito di ultima istanza.

Gli esborsi legati alla situazione di emergenza hanno un impatto fortissimo sui conti pubblici. Prometeia, nel suo rapporto di marzo, prevede – “ipotizzando una lenta e selettiva rimozione dei blocchi produttivi a partire da inizio maggio” – una contrazione del Pil italiano nel 2020 del 6,5%. Il rimbalzo sarà solo graduale verso l’autunno, portando il PIl al +3,3% nel 2021 e al +1,2% nel 2022. Il debito salirà di conseguenza: a fine 2020 il rapporto debito/Pil è previsto raggiungere il 150% e “nel medio periodo l’Italia dovrà convivere con un elevato livello di debito pubblico”.

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