“È paradossale, ma oggi la Cina sembra uno dei posti più sicuri al mondo. Non sono stato discriminato, mi hanno trattato come tutti gli altri, ma dagli sguardi delle persone capivo che adesso gli appestati siamo noi italiani”. Andrea Mannini scrive dalla sua camera del Garden Lane Meilan Airport hotel di Haikou, in Cina, dove è stato messo in quarantena per 14 giorni, dal 16 al 30 marzo. Commissario tecnico delle squadre olimpiche della vela cinese, era tornato da Hainan in Italia il 21 febbraio dopo avere passato quasi un mese in isolamento a cui è seguita l’autoquarantena una volta a casa.

Lunedì è atterrato a Haikou con l’unico volo proveniente da Hong Kong. Il viaggio è stato molto complicato, tra voli cancellati e restrizioni, specialmente per gli italiani. “Sono arrivato dopo 38 ore facendo Nizza-Doha-Hong Kong-Haikou, con scali interminabili e tantissimi controlli sanitari, specialmente a Hong Kong“. Descrive l’arrivo a Haikou “da film”, con un protocollo sanitario severissimo e capillare per i passeggeri, visto che la Cina non registra più casi domestici ma solo “importati”.

“Tutti i passeggeri in arrivo dall’estero, indipendentemente dalla nazionalità e dalla provenienza, vengono messi in quarantena per 14 giorni, e se positivi al coronavirus, portati direttamente in strutture sanitarie dedicate – spiega Mannini -. Tutti i passeggeri dovevano obbligatoriamente indossare le mascherine, che venivano anche distribuite al gate“. L’aereo non è arrivato al terminal, “ma è stato scortato da macchine della polizia aeroportuale in un’area di parcheggio isolata”. A bordo “sono saliti 4 operatori sanitari con tute di protezione integrali, maschere, occhiali, visiere, stivali e guanti. Hanno misurato la temperatura a tutti i passeggeri per 3 volte in 45 minuti e ci hanno fatti scendere in gruppi”.

Per chi veniva dall’Europa “è stato organizzato un autobus speciale che ci ha portati in un’area di fronte al terminal degli arrivi internazionali, dove sono stati allestiti container adibiti a infermeria”. A quel punto, prosegue Mannini, “siamo stati chiamati uno per uno, interrogati sulla nostra provenienza e permanenza nelle ultime due settimane. Poi ci hanno nuovamente misurato la febbre ed è stato fatto un prelievo di sangue per testare il covid19 ai passeggeri di nazionalità cinese. Dopo altre due ore di attesa, e un’altra misurazione della temperatura, siamo entrati per il controllo passaporti e poi siamo stati fermati di nuovo in una sala di quarantena“. Mannini e gli altri passeggeri erano circondati da “funzionari che parlavano solo cinese, ma per fortuna – precisa – sono stato aiutato da altri che erano a bordo con me. Lavorando per la squadra olimpica cinese ho sempre un interprete a disposizione, ma con le nuove severe norme di contenimento del contagio da rientro, non è stato permesso l’accesso in aeroporto a nessuno del mio staff”.

A quel punto viene trasferito nell’hotel dove si trova anche adesso. “Al check-in la procedura è stata nuovamente lunga e complicata, bisognava pagare in anticipo soggiorno e pasti (circa 58 euro al giorno). Tantissimi cinesi protestavano e litigavano con lo staff sanitario e il personale del hotel perché tutta la spesa era a carico loro. Io invece sarà rimborsato dalla Federazione“. Il crollo dell’albergo per le quarantene a Quanzhou ha fatto da spartiacque: prima le strutture messe a disposizione per l’autoisolamento – ha spiegato il Consolato italiano a Mannini – erano gratuite e in hotel a 2 stelle. Ma dal crollo in poi vengono utilizzati hotel a 4-5 stelle e il costo è a carico del singolo. Soltanto 8 ore dopo l’arrivo, Mannini è entrato in camera.

“Le regole da rispettare mi sono state date in cinese. Le ho tradotte come potevo col mio telefono, me le sono fatte spiegare dal mio traduttore e, anche grazie al intervento del consolato italiano a Canton, sono riuscito a farmi mandare via email una versione in inglese del documento di quarantena“. La routine dell’isolamento: i pasti vengono lasciati su un tavolino fuori dalla camera 3 volte al giorno e la febbre viene misurata mattina e sera dal personale sanitario. Sempre dotato di tute integrali, mascherine e visiere. “Mentengono il più possibile le distanze e usano termometri laser. Devo sempre indossare la mascherina prima di aprire la porta. Il primo giorno non ce l’avevo quando ho aperto e sono tutti saltati indietro gridando“.

Mannini descrive un quadro generale di misure in Cina molto più restrittive rispetto a quelle prese in Italia e in Europa. “E dopo due mesi qui si sta lentamente tornando alla normalità“. Le ore in camera d’albergo passano lentamente: fa ginnastica in camera e cerca di vedere il lato positivo: “Posso finalmente leggere qualche libro e utilizzare questo tempo extra per riorganizzare il lavoro“. Il pensiero però è sempre rivolto all’Italia. Si domanda cosa ne sarà delle Olimpiadi e spera in un rinvio a Tokyo 2021. Il Consolato italiano l’ha aiutato a mettersi in contatto col governo dell’isola di Hainan e adesso ha una persona di riferimento che ogni giorno lo contatta e parla inglese. “Almeno – dice, sottolineando di non avere “nulla di cui lamentarmi” – sono riuscito a ottenere la colazione continentale invece di quella cinese. E mi hanno addirittura mandato un messaggio per chiedermi se volevo della pasta al pomodoro”.

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