Cinema

Oscar 2020, la forza seduttiva del racconto: ecco i candidati per la miglior sceneggiatura

Tra i favoriti per quella originale c'è Quentin Tarantino per il suo mirabolante ancorché nostalgico C’era una volta .. Hollywood. In caso di vittoria sarebbe la terza volta

di Anna Maria Pasetti

Qualche incertezza in più, finalmente. Ed è coerente alla forza seduttiva del racconto, all’irresistibile attrazione sprigionata da una sapiente drammaturgia che può sorprenderci come vuole attraverso le misteriose strategie messe in “parola cinematografica” da abili sceneggiatori. La “decina” divisa in due cinquine dedicata ai candidati all’Oscar per la Miglior Sceneggiatura (originale e adattamento da materiale preesistente) non prevede vincitori scontati come in altre categorie, fermo restando vi siano naturalmente dei favoriti. Tra questi Quentin Tarantino per il suo mirabolante ancorché nostalgico C’era una volta .. Hollywood (Once Upon A Time in Hollywood) che parte in pole position nel gruppo “sceneggiatura originale” dopo aver vinto il Golden Globe (che non distingue la tipologia ma assegna un solo premio): per questo, ma non solo, i bookmaker lo danno a 1,65 quote la puntata. Va detto che Quentin sia un affezionato all’Oscar nel ruolo di sceneggiatore: dovesse trasformare questa candidatura, sarebbe alla sua terza statuetta dopo quelle vinte nel 1995 per Pulp Fiction e nel 2013 per Django Unchained.

È comunque notizia che il suo vero (e forse unico rivale) sarà Bong Jon Hoo che si è portato a casa lo Screen Writer Guild Award (il premio assegnato dalla corporazione americana degli “scrittori per schermi” in cui risiedono anche gli sceneggiatori cinematografici..) per il suo folgorante Parasite, dunque un riconoscimento deliberato dai più esperti in materia: forte anche del Chicago Film Critic Award, l’autore sudcoreano già Palma d’oro a Cannes vedrà probabilmente le sue quote degli scommettitori alzarsi dall’attuale 2,45, arrivando forse a tallonare il blasonato Tarantino.

E sempre nel territorio dei testi “originali” è un vero peccato che la straordinaria script firmata da Noah Baumbach (a nostro avviso la migliore della cinquina) per il suo Storia di un matrimonio (Marriage Story) viaggi a una media di sole 7,75 quote, nonostante i favori del Los Angeles Film Critic Award e del Satellite festival. Pochissime chance di vittoria hanno, infine, 1917 di Sam Mendes – che trova nella sceneggiatura co-scritta con la giovane scozzese Krysty Wilson-Cairns forse il suo punto più fragile ma gode comunque della candidatura – e della pur intrigante commedia-crime Cena con coltelli (Knives Out) scritto e diretto da Rian Johnson.

Nella famiglia delle sceneggiature “adattate” i favori sono per un’opera che si prende la non leggera responsabilità di riportare sullo schermo il leggendario classico di Louisa May Alcott. Greta Gerwig, data a 1,45 e vittoriosa del Critics’ Choice Award, ha fatto indubbiamente un lavoro brillantissimo nell’elaborare la propria (e personalissima) versione di Piccole donne (Little Women), portando avanti anche il vessillo della “scrittura cinematografica al femminile” e facendo un curioso pendant col proprio compagno, il sopracitato Noah Baumbach, anche lui candidato ma nell’altro gruppo.

I suoi contendenti più diretti, di cui non si conoscono quote da parte dei bookmaker (si sono espressi principalmente sulle script originali..) sono il corrosivo Joker scritto dallo stesso regista Todd Phillips con Scott Silver (il film ha vinto al Satellite come miglior adattamento) e la commedia nera di formazione Jojo Rabbit scritta e diretta da Taika Waititi ispirandosi al romanzo Caging Skies (Come semi d’autunno, 2004): la modesta “operetta” che irride a Hitler ha comunque portato a casa ieri sera “l’altro” premio dello Screen Writer Award, quello appunto per gli adattamenti per il cinema. Improbabile, infine, che l’ottimo materiale di Steven Zaillian divenuto poi sceneggiatura a sua firma per The Irishman di Martin Scorsese possa trionfare, benché abbia meritato il National Board of Review Award e lo stesso dicasi per l’arguto testo che sta alla base de I due papi (The Two Popes) di Fernando Meirelles scritto da Anthony McCarten sulla base del proprio lavoro teatrale, The Pope, del 2017.

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