“Partiamo da un presupposto: in apparenza con Gesù i conti non tornano mai. Nei Vangeli ci sono troppe variabili per riuscire a fare un calcolo preciso di ciò che Dio vuole da noi. Dal padrone della vigna che dà la stessa paga all’operaio che ha lavorato un’ora e a quello che ha sgobbato tutto il giorno, agli spiccioli della vedova che valgono più delle ricche offerte dei benestanti. Dalla pecorella smarrita inseguita dal pastore a costo di perdere le altre novantanove alla richiesta di perdonare settanta volte sette”. È ciò che fa notare Enzo Romeo, vaticanista del Tg2, nel suo ultimo libro intitolato Le tabelline di Dio. Piccole nozioni di matematica evangelica (Ancora).

Una vera e propria sfida quella fatta da uno dei più esperti cronisti della Santa Sede, che prende spunto dai numeri per leggere i Vangeli e attualizzarli nel nostro tempo. Ma si tratta di una sfida sicuramente ben riuscita, anche perché il libro parte da una provocazione curiosa per catturare l’attenzione del lettore e invitarlo a una riflessione molto seria e profonda sul senso della propria esistenza alla luce del messaggio evangelico.

“Forse Gesù – scrive Romeo – pensa che sia meglio non tenere i conti quando si ha a che fare con gli uomini? Dopo aver guarito dieci lebbrosi, si volta indietro e ne trova solo uno, il samaritano, cioè l’estraneo. Chiede: ‘Gli altri nove dove sono?’. Ma è una domanda retorica. 1 : 9 = x : Dio. Chi può risolvere questa equazione?”.

“Eppure – spiega il vaticanista – è Gesù stesso che invita a far di conto. Se si vuol costruire una torre, si deve prima calcolarne la spesa, dice. E un re innanzi di partire in guerra deve esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila. Un po’ di raziocinio non guasta. Gesù è figlio putativo di un carpentiere, alle prese quotidianamente con i calcoli del proprio lavoro. Nella sostanza, con lui i conti tornano, eccome! ‘Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna’. Il centuplo e l’eternità”.

Ovviamente il libro nasconde una morale. “Che li si intenda come entità platoniche o come secrezioni del nostro cervello, – sottolinea l’autore – i numeri possono portarci molto lontano. Ma è il momento di andare all’essenziale, a quella sorta di numeri primi che sono i Vangeli. Marcus de Sautoy ha scritto che ‘i numeri primi sono gioielli incastonati nell’immensa distesa dei numeri’. La definizione calza a pennello per i Vangeli, gioielli nell’immensa distesa della letteratura. Così come i primi hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri, i Vangeli hanno la capacità di illuminare di una luce speciale ogni gesto della vita umana, dando un senso profondo all’esistenza nella sua scansione quotidiana”.

Il libro di Romeo apre la mente a molte altre riflessioni. Spesso, per esempio, i migranti vengono visti soltanto come numeri e non come persone. Ma anche i giovani disoccupati, coloro che sono scartati dalla società. E andando indietro con la mente nella storia recente anche gli ebrei sono stati visti soltanto come numeri, addirittura quelle cifre sono state impresse in modo indelebile sulla loro carne durante la Shoah.

Lo sottolinea in modo efficace, nella prefazione del libro, Dom Jacques Dupont, monaco certosino ed ex docente di matematica, procuratore generale dell’Ordine presso la Santa Sede ed ex priore della Certosa di Serra San Bruno.

“Nel mondo globale in cui viviamo – scrive il religioso – siamo più vicini gli uni agli altri, però l’altro spesso ci fa paura e abbiamo difficoltà a creare legami. Perché? Proprio perché è altro e questa alterità non è facile da accettare. Da qui partono due reazioni, entrambe negative: o facciamo finta che la diversità non esista e così formiamo una sfera uniforme, rischiando di annullare la personalità di ciascuno; oppure stabiliamo che in nome della diversità ognuno rimanga al posto suo e arriviamo ad alzare muri e a isolarci, illudendoci di poter vivere senza contatti, senza incontri. Bisogna trovare una via mediana, dove c’è spazio per lo scambio reciproco, in cui ognuno rimane quello che è, come nel poliedro, ma generando una dimensione nuova, una cosa altra”.

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