di Andreina Fidanza

Le recenti dimissioni dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti e l’espulsione da parte dei probiviri di Gianluigi Paragone hanno aumentato a dismisura le inquietudini mediatiche che accompagnano da sempre la storia dei 5 Stelle. Instabilità prettamente politiche, che a prescindere dai (pre)giudizi di una certa stampa, di una certa televisione e di una certa politica, hanno ancora una volta evidenziato come all’interno del Movimento 5 Stelle l’attività magmatica sia sempre in… movimento.

I recenti cambi di casacca da parte dei senatori Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro e del deputato Matteo Dall’Osso, transitato dopo una forte polemica dalle file del M5s a quelle di Forza Italia – quest’ultimo peraltro fenomeno epidemico che sta colpendo l’intero Parlamento – non solo stanno depurando il Movimento da meteore che hanno usato lo stesso per trovare quasi insperatamente un giorno di gloria all’interno della politica italiana, ma stanno offrendo la possibilità di rintracciare finalmente un’identità, di attraversare senza più tentennamenti un percorso condiviso, di reclutare e selezionare elementi che avranno idee chiare per il futuro più prossimo.

In questi primi dieci anni, un po’ per convenienze, un po’ per moda e un po’ per mancanza di alternative elettorali di un certo peso specifico, in troppi hanno sposato una causa che gli si è invece rivelata non propriamente cucita addosso. Lo si è dimostrato nella scorsa legislatura con la Lega di Matteo Salvini, lo si sta dimostrando in quella attuale con il Partito Democratico. Due modi diametralmente opposti di concepire e interpretare la politica e i rispettivi programmi che hanno terremotato l’interno di un corpo politico che ha, per fortuna, fatto emergere chi del Movimento non era e chi nel Movimento non credeva.

Dieci anni dopo si presenta quindi la data zero della rinascita politica e ideologica dei 5 Stelle. Nuovo punto di partenza che avrà l’ardire di far decidere una volta per tutte da che parte (della storia e della politica) stare. Perché se la filosofia post-ideologica di Luigi Di Maio può andare bene sulle cose adeguate e inadeguate da fare, diversamente ci vorrà un punto fermo sulle politiche da adottare. Beppe Grillo, nell’esemplificativo filmato di fine anno, aggiunto al discorso fatto all’Arena Flegrea di Napoli proprio per la festa dei 10 anni, ha tracciato la strada. Seguirla e interpretarla sotto l’attenta e istituzionale regia di Giuseppe Conte garantirà quella maturità necessaria per continuare a cambiare in meglio le sorti di questo Paese.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

SALVIMAIO

di Andrea Scanzi 12€ Acquista
Articolo Precedente

Governo, i nodi sul tavolo della maggioranza nel 2020: da prescrizione ad Autostrade. Patto Di Maio-Zingaretti riparte da legge elettorale

next
Articolo Successivo

M5s, Nesci: “Restituzioni? Non ho paura dei probiviri. Dovevamo fare rivoluzione culturale, invece abbiamo abbassato il discorso politico”

next