Plutarco, nella Vita di Pericle, ci dà un quadro vivo del fervore di opere sull’Acropoli, concentrate soprattutto nella costruzione del maggior tempio, simbolo dell’Atene periclea. Tutto in marmo pentelico, grandioso nella mole ottastila, periptera, … risulta perfetto nella tecnica, raffinato nelle proporzioni e negli accorgimenti ottici”. Le pagine dedicate da Giovanni Becatti ne L’Arte dell’età classica al Partenone sono memorabili. Testo fondamentale per generazioni di archeologi e storici dell’arte.

“Alle mie spalle puoi vedere il tempio più grande. Si chiama Partenone e fu eretto in onore della dea Atena. Il grande edificio in marmo non ha una sola linea retta: tutti e quattro i lati infatti presentano una leggera curvatura. Questo fu fatto per rendere la costruzione più dinamica”. Dice così Alberto, per magia tornato nell’Atene del V secolo. a.C., nella videocassetta recapitata alla protagonista de Il mondo di Sofia, il romanzo di Jostein Gaarder. Insomma sull’identificazione del Partenone nessun dubbio. Almeno finora.

Già, perché secondo quanto sostiene Jan Zacharias van Rookhuijzen, borsista presso il Dipartimento di Studi antichi dell’Università di Utrecht, il Partenone potrebbe essere riconosciuto nella parte ovest dell’edificio convenzionalmente noto come Eretteo. Lo studioso, come riporta il Corriere della sera, nel contributo Il tesoro del Partenone sull’Acropoli di Atene pubblicato nel volume di gennaio della prestigiosa rivista scientifica American Journal of Archaeology, spiega la sua tesi.

Il nome “Partenone” originariamente apparteneva a un edificio completamente diverso, non al vasto tempio di pietra che sovrasta Atene e attira milioni di turisti all’anno. Il vero Partenone era in realtà un antico tesoro greco che conteneva offerte alla dea Atena. Tesoro custodito in un ambiente all’interno di un altro tempio, anch’esso sull’Acropoli. L’Eretteo appunto. La scopo del tempietto era sempre stato un mistero. Ora capiamo che qui si svolgeva un antico culto di Atena.

Van Rookhuijzen spiega: “Il tempio è descritto in una guida di viaggio romana. Indica una serie di tesori che non sono mai stati presi in considerazione. Ma conosciamo quegli oggetti speciali solo dagli inventari del Partenone. Il collegamento non era mai stato stabilito, perché si è sempre pensato che la sala del Partenone si trovasse nel grande tempio. Ma non può essere diversamente: il Partenone faceva parte del tempietto”.

Quella di Van Rookhuijzen è un’ipotesi, anche se supportata da una nuova interpretazione delle fonti. Un’ipotesi destinata a serrate discussioni. Perché la ricerca impone anche questo. Non ostacolare le novità. Ma permettere che la comunità scientifica possa valutarne l’attendibilità.

“Per la scienza, l’intuizione di Van Rookhuijzen significa una piccola frana”, sostiene Josine Blok, professore di culture antiche all’Università di Utrecht. “Non solo i nomi che sono stati usati per questi edifici per circa due secoli devono essere modificati, ma anche l’immagine del culto della dea Atena e di tutta l’Acropoli è destinato a cambiare. L’Acropoli era il cuore sacro di Atene, ma aveva anche un grande significato politico. Ecco perché la nuova identità degli edifici centrali avrà effetti ancora sconosciuti sulla nostra conoscenza storica di questo stato civile”, aggiunge la docente. “Questa ricerca dimostra quanto rimanga importante non fidarsi mai completamente del fatto che ‘ciò che tutti sanno’ è in realtà vero”, afferma Ineke Sluiter, professore di lingua e letteratura greca all’Università di Leida.

Metabolizzata l’euforia per la notizia, si attendono conferme. Intanto si consiglia prudenza.

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