di Annamaria Arlotta

Quando da questo gruppo Facebook protestiamo sulle pagine delle aziende per un’immagine che troviamo offensiva, ci rispondono che siamo bacchettoni. Dovremmo farci una risata. C’è ben altro! E comunque siamo gelose, è chiaro (anche quando a protestare sono uomini).

Però il concetto di sessismo comincia ad essere percepito come qualcosa di negativo, e quando le proteste sono tante i titolari rispondono tutti: “noi sessisti? Assolutamente no”. Ci dispiace che abbiate percepito la nostra pubblicità in modo sbagliato, la nostra intenzione era di fare dell’ironia. E poi nell’azienda ci sono anche donne!” Una volta una macelleria mostrò una donna in abiti succinti sdraiata su un vassoio accanto a un pezzo di carne, con uno slogan sui piaceri della carne. Ma non erano sessisti!

Ma non è una questione di pelle esposta. Per inquadrare i termini ho stilato delle linee guida per le aziende, e spero che il mio Bignami della pubblicità sessista chiarisca che quello che abbiamo a cuore è la dignità della donna.

Spettabile Azienda o Società,
la vostra pubblicità è sessista se rientra in uno di questi casi:

1) usate la figura femminile sessualizzata, con o senza doppi sensi, per promuovere prodotti, eventi o servizi. Usate zone erogene di donne, isolate dal resto, su corpi senza testa, e se in questo tipo di immagine ci fosse un uomo al posto della donna non funzionerebbe;

2) mostrate la donna come sciocca, dedita ad attività frivole (es. lo shopping) e ossessionata dalla cura del corpo, e gli uomini dediti ad attività lavorative;

3) fate corrispondere colori e forme della donna con il prodotto (esempio: abito rosso se il logo dell’azienda è rosso) o abbinate due o tre tipi di donne alle qualità del prodotto (es: donna intraprendente, automobile scattante, o gusto alimentare deciso);

4) mostrate le donne unicamente come mamme, casalinghe e cuoche;

5) usate stereotipi: se non è giovane cucina o stira, in certi giorni è aggressiva, è chiacchierona e pettegola, è spendacciona;

6) ridicolizzate la donna, per esempio mettendole insalata o un altro cibo in testa. La mostrate in pose improbabili o in vestiario inadatto all’attività che svolge (es. cambia le gomme da neve in minigonna e tacchi alti);

7) la fate sentire sbagliata se non usa i vostri servizi (es. depilazione, dimagrimento);

8) mostrate uomini incapaci di svolgere le faccende di casa o prendersi cura dei figli, suggerendo che quei compiti siano di pertinenza femminile;

9) i bambini che mostrate sono intraprendenti se maschi, e vanitose se femmine;

10) nelle vostre pubblicità imponete a tutti una visione, maschile, che piace ad alcuni, proponendo solo i ruoli del passato – la donna come fonte di piacere e al servizio degli altri.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

Articolo Precedente

A Roma vietato stendere i panni sul balcone e sedersi sugli scalini di Trinità dei monti. Non si sconfigge il degrado con la comicità

next
Articolo Successivo

Stalking, la storia di Lucia non è solo una storia di violenza. Ma è anche la storia di un fallimento dello Stato

next