Più volte ho scritto, in questo blog così come in altre riviste, di un’Italia diventata così poco amica dei bambini e troppo mortalmente amica delle auto. Quest’estate è stato devastante. La tragica uccisione dei due cuginetti di Vittoria, che ha scosso le coscienze italiane, è stato solo la punta dell’iceberg di una società assurda e prepotente, che ha tolto ogni spazio ai bambini. Pochi giorni prima a Treviso una bambina di 13 anni, in bici, è stata travolta e uccisa da un’auto in corsa. Quasi negli stessi giorni, un bimbo di appena tre anni è stato mortalmente investito da un’auto ad Arco, in Trentino. Potrei andare avanti.

Secondo i dati dell’Osservatorio Asaps sono almeno 17 i casi di bambini morti sulla strada da gennaio 2019 ad ora. Ogni anno circa 3500 tra adulti e bambini muoiono sulla strada: nel 2018, in 12 mesi sono morti 49 bambini, 9 in più rispetto al 2017. Venticinque vittime erano in auto (51%), una in moto, 11 ciclisti e 12 a piedi. Da 0 a 5 anni la fascia più colpita, con 22 vittime. Migliaia i bambini feriti, anche gravi, con disabilità permanente.

I genitori temono per la sicurezza dei propri figli, ma non si rendono conto che usando l’auto per portarli ovunque contribuiscono a rendere sempre più pericolose le strade. La maggior parte dei bambini coinvolti negli incidenti, inoltre, muore come passeggera. Le auto sono i luoghi più pericolosi dove farli stare.

Se leggete le storie di questi incidenti, vedete che appare la costante della disattenzione dell’adulto, della velocità dell’auto, o dell’aperta e prepotente violazione del codice della strada da parte dell’automobilista. I bambini, come spesso si pensa, non “se la sono cercata”.

D’altra parte, 38 milioni di auto si muovono ogni giorno in Italia. Se contiamo anche furgoni e camion, il numero dei veicoli oltrepassa quello degli esseri umani. Ovvio che in questo inferno motoristico, le vittime sono numerose. Questa è la vera emergenza, il vero rischio per la sicurezza interna, altro che invasione di poveri e migranti! E se i numeri dei morti non sono dieci volte più alti è solo perché col passare del tempo, con l’aumentare dei veicoli, “i ragazzini sono stati tolti di mezzo, rinchiusi in casa, a scuola o in altri luoghi protetti, sottoposti a maggiore sorveglianza, furono vietati i giochi per strada. La libertà degli automobilisti fu raggiunta a scapito degli altri utenti della strada, bambini in primis”, scrive J. Adams.

Secondo l’Oms attualmente gli incidenti stradali sono la prima causa di morte in assoluto in Europa per bambini e ragazzi da 5 a 15 anni. Vi rendete conto di quel che vuol dire? Significa che nei paesi “evoluti” il più grande rischio per la vita dei bambini è costituito dalle auto. Davvero vale la pena sacrificare al dio auto la vita dei bambini? L’auto è un mezzo di trasporto che potrebbe essere facilmente sostituito con altri mezzi (bici e mezzi pubblici) o perlomeno ridotto drasticamente di numero e di letalità. Che siano in moto o parcheggiate, le auto impediscono ai bambini di vivere la città. Nei paesini la situazione non è migliore: anche i piccoli centri sono invasi dalle auto, le auto parcheggiano fin sotto i castelli medievali, fin dentro le piazze, e le amministrazioni fanno fatica a concedere zone pedonali.

La modifica del codice della strada, attualmente in approvazione alla Camera, potrà solo in parte mitigare questo furto di infanzia. Undici associazioni di ambientalisti, genitori e pediatri hanno scritto al Parlamento chiedendo di introdurre nel CdS l’Intelligent Speed Adaption (Isa), un rilevatore di velocità che impedisce alle auto di superare il limite di velocità. Hanno chiesto di imporre i 30 km/h in tutti i centri abitati come standard.

Secondo le associazioni, inoltre, il casco va consigliato ai bambini, ma non va reso obbligatorio. L’obbligo è una misura ipocrita e controproducente, non farà altro che ridurre il numero dei bambini in bici per strada. Per salvare la vita ai bambini dobbiamo limitare il numero della auto e la loro velocità, creando zone pedonali e ciclabili sempre più estese. Per fortuna, sempre più comuni si stanno dichiarando “amiche dei bambini”, anche se in modo provvisorio.

L’invito che voglio farvi, in ricordo di tutte le piccole vittime, è quello di organizzare giornate car free (previa autorizzazione dei vigili), mettere una sbarra per ridare le strade ai bambini per correre, giocare a palla, girare in bici, disegnare coi gessetti per terra. Anche se solo per un giorno, queste manifestazioni faranno capire quanto spazio, quanta bellezza, quanta gioia, quanta vita, le auto hanno rubato. E forse qualche adulto ricorderà quant’era bello giocare sulla strada.

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