Crescono ancora le tensioni tra Iran e Stati Uniti. “Diciassette spie addestrate dalla Cia sono state identificate e arrestate in Iran”, hanno reso noto le autorità iraniane, citate da Farsnews: “Alcune sono state condannati a morte e altre a lunghe pene detentive”, ha detto alla stampa il capo del controspionaggio del ministero dell’Intelligence iraniano. L’accusa è di aver spiato centri sensibili nel Paese. Ma secondo Donald Trump si tratta di una notizia falsa: “La notizia secondo cui l’Iran ha catturato spie della Cia è totalmente falsa. Zero verità“, ha scritto su Twitter. “Semplicemente nuove bugie e propaganda (come il loro drone abbattuto) diffuse da un Regime Religioso che sta fallendo in modo grave e non ha idea di cosa fare”, prosegue il presidente degli Stati Uniti, scrivendo che “la loro economia è morta, e andrà ancora peggio”. “L’Iran è una confusione totale!”, ha aggiunto.

Secondo quanto aveva scritto l’agenzia di stampa vicina ai Pasdaran, l’arresto è il secondo colpo dell’intelligence iraniana alla Central intelligence agency statunitense. Parlando in conferenza stampa, il funzionario, che non ha rivelato il suo nome, ha dichiarato che la notizia degli arresti è legata ai rapporti del ministero dell’intelligence del 18 giugno, sulla scoperta e lo smantellamento di una rete di cyber-spionaggio. Le persone arrestate, ha detto il funzionario, “lavoravano come consulenti o fornitori in centri sensibili e vitali come organizzazioni economiche, nucleari, militari e cyber-correlate”. I diciassette avrebbero agito separatamente e non avrebbero avuto alcun legame tra loro, in quanto la Cia avrebbe assegnato a ciascuno degli agenti un sito esclusivo e separato. L’Iran aveva annunciato ad aprile di avere identificato un gruppo di 290 agenti della Cia attivi in tutto il mondo e aveva informato della questione alcuni governi, che hanno scambi di informazioni con l’Iran.

Da mesi i rapporti tra Iran e Stati Uniti sono incandescenti, a seguito della scintilla del ritiro di Washingon dall’accordo sul nucleare e delle sanzioni economiche.“Le misure degli Usa sono terrorismo economico. Puro e semplice. Non c’è alcuna ambiguità su questo”, ha detto il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif intervenendo al vertice dei Paesi non allineati a Caracas, in Venezuela. “Cercate la parola terrorismo. Il terrorismo è l’utilizzo illegale della violenza e dell’intimidazione, specialmente contro i civili, per perseguire scopi politici. Ecco la definizione di terrorismo di Google. Smettete di usare la parola sanzioni. Le sanzioni servono a far rispettare le leggi. Sono sostenute dal diritto, mentre le misure degli Usa sono terrorismo economico” e “noi non negoziamo con i terroristi”, ha aggiunto Zarif.

C’è poi un altro fronte, quello tra Teheran e la Gran Bretagna, aperto dopo il sequestro di una nave britannica nello stretto di Hormuz da parte dei Guardiani della Rivoluzione. Il sottosegretario alla Difesa britannico, Tobias Ellwood, ha annunciato che, tra le possibili opzioni di risposta all’episodio, Londra sta ipotizzando l’imposizione di nuove misure economiche contro Teheran: “Quali sanzioni potrebbe imporre Londra che non siano già in atto?”, ha commentato il capo del Consiglio strategico iraniano per le Relazioni internazionali, Kamal Kharazi, riferendosi alle misure americane già in atto.

Anche la premier uscente, Theresa May, ha chiesto attraverso il suo portavoce l’immediato rilascio della nave a del suo equipaggio: la petroliera britannica Stena Impero “è stata sequestrata sotto pretesti falsi e illegali dall’Iran”, ha detto, e deve essere “rilasciata immediatamente con il suo equipaggio“. “Noi non vogliamo il confronto con l’Iran, ma consideriamo inaccettabile e segno di elevata escalation il sequestro di una nave impegnata in un business legittimo lungo una rotta internazionalmente riconosciuta per la navigazione”, ha concluso. Da Teheran replica il portavoce del governo, Ali Rabiei: “Il sequestro della petroliera britannica è stata una misura legale presa dell’Iran” per assicurare “la sicurezza regionale”. “A tutti i Paesi che stanno chiedendo all’Iran di rilasciarla, chiediamo di domandare la stessa cosa alla Gran Bretagna” per la petroliera iraniana Grace 1, fermata a Gibilterra a inizio luglio.

Intanto, crescono le pressioni sul capo del Foreign Office e candidato premier britannico, Jeremy Hunt, per un’adesione di Londra alla forza marittima che gli Usa stanno creando per pattugliare il Golfo in funzione anti-Iran. Lo scrive oggi il Guardian, precisando che il ministro degli Esteri punta ancora sulla via diplomatica.

E fra i sostenitori del probabile futuro premier, Boris Johnson, da cui si attende un possibile avvicinamento alla linea americana, sono partite recriminazioni per il mancato intervento della Royal Navy in aiuto della petroliera al momento del blocco. Ma Ellwood, esponente dell’opposizione interna a Johnson nel Partito Conservatore, ha replicato sostenendo che la flotta britannica non è grande abbastanza per garantire una protezione totale. E ha aggiunto che sarà semmai compito del prossimo primo ministro “incrementarne la forza e le risorse” dopo questi ultimi anni di austerità di bilancio.

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