Un sequestro confermato. L’altro smentito. Fatto sta che una nave è ancora ferma in acque iraniane, mentre l’altra ha ripreso il largo. Resta comunque alta la tensione nello stretto di Hormuz. La petroliera Stena Impero è nelle mani dei guardiani della Rivoluzione iraniana. In un comunicato pubblicato su Sepahnews parla di “leggi e dei regolamenti marittimi internazionali, su richiesta dei porti provinciali e dell’organizzazione marittima di Hormozgan”. In particolare, la Stena Impero avrebbe “spento il suo localizzatore, navigato passando per l’uscita piuttosto che per l’entrata dello Stretto e ignorato gli avvertimenti”. Versione respinta dall’armatore della Stena Impero, la Northern Marine Management, secondo cui la prima nave, è stata “avvicinata da piccole imbarcazioni non identificate e da un elicottero durante il transito dello stretto di Hormuz mentre la nave si trovava in acque internazionali“. A bordo 23 marinai di varie nazionalità (nessun inglese). Secondo la Cnn, i Jet Usa starebbero scortando il passaggio delle navi americane nello stretto di Hormuz.

Anche l’altra nave, la Mv Mesdar, battente bandiera liberiana, ma di proprietà della Norbulk British Shipping, secondo il Foreing Office britannico – la notizia era stata anticipata dalla Cnn – era finita nelle mani dei pasdaran. Ma il sequestro dopo un’ora è stato smentito dalle autorità iraniane. Secondo alcune ricostruzioni, la Mesdar sarebbe stata solamente fermata per un controllo e non sequestrata.

Da mesi la tensione nella regione è incandescente, dopo la scintilla nel 2018 del ritiro di Washingon dall’accordo sul nucleare e la conseguente ricaduta delle sanzioni economiche. Il sequestro delle navi arriva all’indomani dell’annuncio, sempre dei Pasdaran, del sequestro della nave Riah degli Emirati Arabi, accusata di contrabbando di petrolio, mentre Gibilterra ha prolungato oggi di un mese il fermo dell’iraniana Grace 1, già bloccata da due settimane per presunte violazioni delle sanzioni Ue alla Siria. Il ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, ha definito “inaccettabile” i sequestri. Si tratta di azioni “estremamente preoccupanti“, ha aggiunto. E in serata a Londra si è svolta sull’accaduto anche una riunione del comitato Cobra, l’organismo governativo che si occupa delle emergenze, sia pure a livello di funzionari.

E pensare che qualche ora prima, oltreoceano, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump aveva frenato la possibilità di una guerra con l’Iran, spiegando di “non essere preoccupato per un potenziale conflitto” e aggiungendo di sperare “per il loro bene che non facciano nulla di stupido, altrimenti pagheranno un prezzo che nessun altro ha mai pagato”. Appresa la notizia, però, l’inquilino della Casa Bianca ha subito annunciato di voler “parlare con la Gran Bretagna” ed ha autorizzato il senatore repubblicano del Kentucky, Rand Paul, scettico sull’opportunità di una guerra con Teheran, ad impegnarsi in colloqui con l’Iran e avrebbe già preso contatti con la controparte iraniana. Secondo alcuni media, Paul avrebbe già incontrato il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif. “E’ la seconda volta in poco più di una sola settimana che il Regno Unito è preso come obiettivo dall’escalation della violenza del regime iraniano”, ha detto in una nota Garett Marquis, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa.

Mentre dai mercati arriva la notizia che i prezzi del greggio sarebbero in risalita: “Il Brent è in crescita dell’2,03% a 63,19 dollari al barile. In rialzo anche i prezzi dei future sul West Texas Intermediate cresciuti dell’1,57% a 56,17 dollari al barile”, dal Brasile arriva la notizia che due navi iraniane sono ferme vicino al porto di Paranaguà, nello Stato brasiliano di Paranà (sud), a causa delle sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti. Le imbarcazioni Bavand e Termeh, della compagnia Sapid Shipping, sono arrivate in Brasile cariche di urea per tornare in Iran con mais, ma sono rimaste ferme dall’inizio di giugno. In una nota, Petrobras ha detto di non poter rifornire le due navi “a causa delle sanzioni Usa contro la compagnia iraniana”. Anche il presidente Jair Bolsonaro ha confermato che le imprese brasiliane sono state “avvertite di questo problema”.

La crisi segue tra l’altro il botta e risposta di queste ore sul presunto drone iraniano abbattuto, asserito dagli americani e smentito dalla Repubblica islamica. “Non abbiamo perso alcun drone nello stretto di Hormuz né altrove. Temo che la Uss boxer abbia abbattuto un loro drone per sbaglio!”, è stata la risposta sprezzante del viceministro degli Esteri Abbas Araghchi all’annuncio che era arrivato direttamente da Trump. “Nonostante le affermazioni deliranti e senza fondamento di Trump, tutti i droni nel Golfo Persico e nello stretto di Hormuz, compreso quello a cui fa riferimento il presidente americano, sono rientrati in sicurezza alle loro basi”, ha insistito anche il generale di brigata Abolfazl Shekarchi, portavoce delle forze armate di Teheran, mentre le Guardie della rivoluzione hanno pubblicato le immagini del drone prima e dopo il momento del presunto abbattimento, in modo da smentirlo una volta per tutte.

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