Marco Mengoni, dopo tanti concerti soldout in Europa e in Italia, pubblica pochi giorni fa il calendario dei suoi concerti estivi. Una sola tappa in Sicilia al teatro Andromeda, nel paese di Santo Stefano Quisquina. E dove si trova il paese? E perché un teatro di soli 108 posti?

Il paese è in provincia di Agrigento, nella parte interna e montuosa. E il teatro Andromeda è il prodotto di un singolare pastore, Lorenzo Reina, che lo ha ideato e costruito con le sue mani, pietra su pietra e oggi è considerato uno dei luoghi più suggestivi del nostro Paese. La Biennale di architettura di Venezia ne ha raccontato la storia, ne hanno scritto tanti giornali.

La storia di Lorenzo Reina è assai nota, così come il suo viaggio di andata e ritorno dalla pastorizia alla pastorizia con tappa intermedia nel mondo dell’arte e della scultura in particolare. Figlio di pastore, pastore egli stesso nella sua fanciullezza, scopre nei lunghi silenzi delle sue transumanze una particolare abilità a dare forma prima al legno e poi alle pietre. Rompe col padre e si dedica alla scultura per poi promettere al padre morente il suo ritorno tra le pecore. Mantiene la promessa. Torna a vivere a Santo Stefano di Quisquina dove, a pochi passi dall’eremo di Santa Rosalia, ha creato una fattoria didattica come poche se ne vedono da quelle parti.

Ospita di tutto: le pecore, generose e sagge, quindi la ricotta e il formaggio di omerica ascendenza, poi le asine col prezioso latte, prezioso perché di più amichevole digeribilità, un laboratorio all’aperto di scultura, un museo ottagonale, il pagliaru totemico a ricordo delle mani possenti del padre, e… un teatro all’aperto, parente delle antiche cavee greche, forse anche di esse archetipico con un rovesciamento temporale plausibile e forse anche concepibile: se dalla fantasia di Lorenzo, dalle sue suggestioni oniriche, dal suo silenzioso e tenero ascolto del genius loci della montagna della Quisquina è emersa quella particolare forma, chi può escludere parti simili ben prima dei rigorosi e geometrici architetti greci, in altri uomini sicani di sensibilità strepitosa come quella di Lorenzo?

Un teatro dunque sul ripiano di un acrocoro dal quale nei giorni di tramontana puoi scorgere come assai prossimi i paesi di Santo Stefano e Bivona e un po’ più in là il mare di Sciacca e la sagoma di Pantelleria. Un teatro annunciato dal volto gigantesco di una divinità femminile e dalle pietre numerose sparse sul terreno più dei cespugli, raccolti e alzati a circoscrivere cavea e orchestra. I posti a sedere, 108, sono segnati da blocchi di pietra che replicano sul piano la costellazione di Andromeda.

Chi ama una Sicilia diversa da quella oggi prevalente, una Sicilia gentile ed esigente, dubbiosa ma operosa, entusiasta e umbratile, è invitato d’ufficio.

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