“Eccome se lo trovo! Leclerc sapeva che solo un ragazzino sarebbe andato a prendere il fuoco con le mani. Ergo il miglior fuciliere era il fuciliere bambino, il soldato ideale era l’adolescente. Forse proprio per questo non aveva chiesto l’età di Bilong, quando si era venuto ad arruolare. Forse per questo l’aveva raccomandato per la missione. Sembrerebbe che le vittorie di un generale siano direttamente proporzionali alla sua crudeltà. E Leclerc aveva ben chiaro l’obiettivo: quell’esercito doveva liberare la Francia“.

Un originale e stupendo romanzo corale che dà voce e dignità ai tanti eroi dimenticati del Camerun, un affresco ai caduti ai margini della Storia, un omaggio ironico, commovente, cinico ed entusiasmante alla cultura camerunense. Si tratta de La stagione delle prugne di Patrice Nganang (traduzione di Marco Lapenna; 66thand2nd). Siamo nel 1940, la Seconda guerra mondiale esige nuove vittime sacrificali, a Edéa il veggente M’bangue profetizza che Hitler si è suicidato ante litteram, suo figlio Pouka apre un cenacolo poetico nel bar di Mininga e prende sotto la sua ala protettrice nullafacenti, balbuzienti e adolescenti in cerca di amore, il colonnello Leclerc sbarca in Africa e arruola aspiranti fucilieri tra contadini e cacciatori colonizzati per andare a combattere per la Francia.

Patrice Nganang mette insieme personaggi di finzione con personaggi reali, nutrendosi di testi storiografici e di antologie poetiche per celebrare un vero e proprio atto di riverenza nei confronti dei suoi connazionali e di Yaoundé, fucina di grandi aspirazioni letterarie e di rivendicazioni indipendentiste. Una sagace e irresistibile storia di dignità e di ribellione nei confronti del Potere.
“C’erano tre boia per due condannati. Forse volevano essere ben sicuri che morissero. Accanto al gruppetto c’era Abdel Karim col viso illuminato dal sole. Il popolo sembrava morto, eppure aveva i nervi scoperti, tratteneva il fiato, fremeva di ansia ed eccitazione palpabili. ‘Puntate!’ ordinò il gigante. I boia caricarono e mirarono. Abdel Karim guardò un’ultima volta i condannati. Erano belli, e avevano solo vent’anni”.

Terra violata, di Mohamed Mbougar Sarr (traduzione di Alberto Bracci Testasecca; Edizioni E/O) è un testo duro, dinamico, con un ritmo che inchioda il lettore sulle pagine, una dopo l’altra, che mette in luce ciò che accade quando il fanatismo religioso si espande a macchia d’olio. Il nord del Sumal (Paese inventato che ricorda in parte il Senegal, ma ancora di più il territorio nigeriano controllato da Boko Haram) è stato occupato dai feroci integralisti islamici della Fratellanza. La sharia diventa l’unica legge; comandati da Abdel Karim, i fondamentalisti mettono in atto barbarie, giustizia sommaria e repressione ai danni della popolazione. Un gruppo di intellettuali decide di dare vita a un giornale clandestino che porta all’arresto e alla tortura di chiunque legga o detenga una copia del foglio ribelle, ma che servirà a dare un barlume di speranza alle vittime, al popolo silenzioso che avanza a testa bassa.

Riprendendo e mischiando le pratiche dell’orrore di Daesh e delle organizzazioni jihadiste africane, Mohamed Mbougar Sarr scrive un manifesto di denuncia, rivendica la libertà di pensiero e crea un intreccio avventuroso, teso, con un finale che non lascia spazio alla fantasia ma che amalgama la verosimiglianza narrativa alla brutale realtà quotidiana. “La sofferenza aumenta con ogni fiotto di sangue che le schizza dal collo, gli spasmi e la sete la torturano. I suoi piedi sbattono a terra negli ultimi istanti di vita, il sangue forma una pozza in cui affoga il braccialetto del suo ragazzo. Muore, e possiede soltanto un foglio bianco che attesta che non ha diritto neppure alla sepoltura, con il pretesto che sia un’intrusa”.

Storie di una Siria tradita, di Raad Atly (traduzione di Federica Pistono; Bianca e Volta Edizioni) racconta la martoriata provincia di Aleppo durante la prima fase della “rivoluzione” siriana. I personaggi sono uomini e donne comuni, schiacciati tra il regime e quelli che il regime vogliono abbatterlo. Racconti spietati, in cui spesso i rivoluzionari non sono altro che approfittatori, crudeli e bestiali come i miliziani di al-Asad.

Nessuna speranza di un mondo migliore tra ladri, stupratori, delatori, torturatori, integralisti islamici. Bambini, ragazze, anziani vengono schiacciati come mosche da pallottole sparate da cecchini che sorseggiano tranquillamente erba mate, o da boia crudeli inzuppati di profumo che uccidono mariti per possederne le donne. Chi riesce a scappare prega un Dio invisibile a bordo di un gommone in balia delle onde o finisce in un campo profughi con l’unico desiderio di tornare in Siria e di morire sulla propria terra. Un libro spietato, vero, che nonostante l’utilizzo del dialogo indiretto rimane avvincente e fornisce informazioni sull’orrore. Un pugno di carta e inchiostro nello stomaco.

Articolo Precedente

“Il gesto di Almirante e Berlinguer”, l’indagine di Antonio Padellaro sugli incontri segreti tra i due leader

next
Articolo Successivo

Leonardo Da Vinci, il direttore degli Uffizi Schmidt: “La sua ciocca di capelli? Una sciocchezza”

next