La truffa dei falsi incidenti è diventata quasi un classico dei tribunali italiani. Ma a Palermo l’inganno alle assicurazioni era salito di livello, fino alla violenza: mutilazioni di arti e fratture a vittime compiacenti. Un’escalation che ha portato anche al punto di non ritorno: un tunisino – si chiamava Hadry Yakoub – fu drogato col crack per non farlo sottrarre alle lesioni, necessarie per inscenare un incidente stradale. Oggi sono state arrestate 42 persone, accusate a vario titolo di lesioni gravi, usura, estorsione, peculato, truffe assicurative e autoriciclaggio: tra loro anche un avvocato, Graziano D’Agostino, che curava la parte legale di molti dei falsi incidenti. Gli indagati sono circa 250. Nel corso delle perquisizioni è stato trovato un libro mastro con diversi episodi di rotture di ossa provocati ad arte, nomi di vittime e località dell’incidente. Tutto questo è il frutto di due operazioni della polizia e della Guardia di Finanza che sono il prosieguo dell’inchiesta che lo scorso anno aveva portato a 11 fermi e a una cinquantina di indagati.

Le vittime erano scelte tra i tossicodipendenti, persone con disturbi psichici e donne che in condizioni di povertà che si prestavano a mettere in scena i falsi incidenti. Il gruppo criminale si muoveva sempre nello stesso modo: pianificava ed inscenava falsi incidenti stradali per ottenere voluminosi risarcimenti per gravissimi danni fisici a chi si prestava a gravi menomazioni. Il punto è che alle vittime andavano gli spiccioli, mentre le organizzazioni – che potevano avvalersi della collaborazione di professionisti – si intascavano rimborsi elevati anche in base al grado di invalidità, in alcuni casi permanente, arrecato alle vittime.

Nell’organizzazione ciascuno aveva il suo ruolo e quindi la propria fetta, in proporzione. C’erano i reclutatori che agganciavano le vittime tra persone indigenti, particolarmente bisognose di denaro e che magari si accontentavano di poco. C’erano gli ideatori che individuavano luoghi non vigilati da telecamere, veicoli per inscenare gli incidenti e falsi testimoni. C’erano gli “spacca-ossa” che si occupavano delle lesioni fisiche degli arti superiori ed inferiori (ai quali gli indagati si riferivano convenzionalmente come “primo piano” e “piano terra“). E ancora: i medici compiacenti che firmavano perizie mediche di parte, i centri fisioterapici che attestavano cure alle vittime mai effettivamente somministrate. Infine le strutture criminali organizzate che acquistavano le pratiche mettendo al lavoro avvocati e studi di infortunistica stradale che gestivano poi il conseguente iter finalizzato al risarcimento.

C’è anche chi ci ha rimesso la vita, come detto. Hadry Yakoub, tunisino, fu trovato morto su una strada alla periferia di Palermo (e per questo furono già fermati in tre ad agosto). A Yakoub, secondo l’inchiesta, sono state somministrate dosi di crack per evitare che si potesse sottrarre alle lesioni. La morte, in un primo momento decretata come conseguenza di un incidente stradale, in realtà era stata determinata dalle fratture multiple procurate al tunisino da appartenenti all’associazione criminale al fine di inscenare un finto incidente. E’ grazie alla collaborazione dei tre arrestati per questo caso gli investigatori sono riusciti a squarciare il velo sull’organizzazione. Almeno 50 vittime, ha spiegato il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti, hanno collaborato con le forze dell’ordine.

Tra gli episodi “inventati” uno è stato tentato anche sul traghetto Palermo-Genova. Un passeggero aveva detto di essere caduto dalle scale della nave fratturandosi le gambe mentre in realtà gli arti gli sarebbero stati spaccati appositamente sul traghetto. L’uomo a Genova è stato poi ricoverato in Rianimazione per un’embolia polmonare a seguito delle gravi fratture.

La Guardia di Finanza ha sequestrato beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore di oltre mezzo milione di euro a 8 indagati. Come ha spiegato il colonnello Cosmo Virgilio, comandante del nucleo di polizia economica e finanziaria delle fiamme gialle a Palermo, “ad uno dei capi, Domenico Schillaci, sono stati sequestrati alcune attività commerciali, il bar Dolce Vita, un centro scommesse, un gommone, una Porsche e una moto”.

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