Gato Barbieri ha segnato la mia maniera di fare musica, mescolando jazz e musica popolare”. Il nuovo album, The cat with the hat (Il gatto col cappello) di Daniele Sepe, è un omaggio al sassofonista argentino col cappello. “Gato indagava nel repertorio popolare sudamericano – continua Sepe -, considerava standard da suonare i brani che lo avevano accompagnato nell’infanzia, Piazzolla, Yupanqui, ma anche brasiliani, come Ismael Silva, di cui ci ha regalato una splendida versione di Antonico”. Un disco di 11 canzoni tra cui la rilettura de La partida di Victor Jara, la canzone popolare venezuelana Montilla cantata da Lavinia Mancusi, Io non canterò alla luna interpretata dal cantante dei Foja, Dario Sansone. E ancora la tradizione napoletana con Canzone appassiunata. Un viaggio nell’America Latina fatto con grandissimi musicisti italiani e sudamericani: Stefano Bollani e Roberto Gatto, il batterista americano Hamid Drake, il percussionista brasiliano Robertino Bastos e la voce di Roberto Lagoa. L’unico brano originale di Gato Barbieri è Nunca mas, dedicato alla tragedia dei desaparecidos.

Perché un tributo a Gato Barbieri?

Perché oltre ad avermi segnato, mi sembra che la sua figura non sia stata adeguatamente celebrata.

Come hai scelto le canzoni di questo disco?

Era inutile rifare brani suoi, giusto un paio; dopo tutto se uno vuole sentirli sente le sue versioni. Ho voluto scegliere una serie di brani, molti tradizionali, che ho sempre cercato di immaginare come li avesse suonati lui. Ho scelto in base alla bellezza e all’attinenza con la storia di Gato, dei suoi dischi militanti e della sua presenza nel movimento del free jazz anni 60-70.

La top five dei tuoi sassofonisti preferiti?

Una top five è difficile, troppi bravi sassofonisti, ma se proprio devo scegliere dico: Wayne Shorter, Sonny Rollins, Dexter Gordon, John Coltrane e ovviamente Gato.

In questo disco suonano grandi musicisti: Bollani, Gatto e Drake come li hai incontrati?

Con Stefano e Roberto ci conoscevamo da decenni, ma è da qualche anno che abbiamo cominciato a collaborare stabilmente, con Stefano in Napoli Trip e con Roberto in Cronosisma, di cui uscirà il cd a breve. Con Hamid Drake quattro anni fa, insieme a Dean Bowman, abbiamo realizzato un concerto interamente dedicato a Frank Zappa. Strepitoso batterista.

Hai collaborato con tantissimi artisti di tutto il mondo. Con chi ancora ti piacerebbe suonare?

Embè, in genere quelli con cui mi sarebbe piaciuto suonare un bravo sassofonista già l’avevano, tipo Pino Daniele o Joe Zawinul. Più che programmare collaborazioni mi piacerebbe girare il mondo e incontrare musicisti di ogni genere, un po’ lo faccio. Ma voglio di più.

Il disco è un viaggio in giro per l’America Latina: Cile, Brasile, Argentina… ci sei mai stato?

Mai stato in Sudamerica, mai stato in Romania, sono una specie di Salgari della musica. Conosco i posti spesso meglio di quelli che ci sono nati (sorride).

Cosa unisce musicalmente i sud del mondo?

Una certa comunanza col sopravvivere in condizioni difficili, con poco, perché la natura fortunatamente compensa la miseria.

Come viene percepito il tuo suono e il tuo background dai musicisti stranieri?

Sembrerà strano, ma in genere mi fanno complimenti. Non sono un tecnico sullo strumento, ma come mi disse Chick Corea dopo il concerto a Perugia con Bollani: Wonderful sound.

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