La casa di Goteborg è in prima fila quando si parla di sicurezza stradale. La sua strategia Vision 2020 punta ad azzerare il numero di vittime o feriti gravi a seguito di incidenti a bordo di una Volvo entro il 2020. Michele Crisci, Presidente Volvo Car Italia, nel corso di una serata dedicata proprio a questo tema ha spiegato bene la filosofia che c’è dietro questo intento: “La sicurezza è da sempre il principio che guida le nostre azioni. Da questa tradizione viene il progetto di condivisione a favore della sicurezza di tutti di cui siamo oggi protagonisti. Ma non basta: riteniamo che un costruttore automobilistico abbia il dovere di occuparsi di tutti i fattori che influiscono sulla sicurezza del traffico, compresi i comportamenti umani. Abbiamo fatto proposte che fanno e faranno discutere, l’importante è portare l’attenzione e il dibattito su questi temi. Ci si chiede se un costruttore debba o meno lasciare il veicolo prendere il controllo in certe situazioni di guida; di fatto, accade già da tempo. Ad esempio, nel caso di Volvo, con la frenata automatica del City Safety, che in caso di distrazione di chi guida evita l’impatto. Il principio è lo stesso, la tecnologia annunciata non fa che espandere quanto già applicato, e solo in caso di necessità”. E la tecnologia della casa svedese viene incontro con diverse proposte, ecco quali.

E.V.A. (Equal Vechicles for All): i manichini femminili
Era il 1959 quando Nils Bohlin, progettista Volvo, inventò le cinture a tre punti e, in questi 60 anni Volvo ha raccolto innumerevoli dati analizzando più di 44.000 incidenti. Ora mette a fattor comune queste informazioni e crea una “biblioteca” digitale a disposizione dell’industria auto. Ma c’è anche un’altra questione fondamentale: l’ineguaglianza nello sviluppo dei sistemi di sicurezza per le auto. La maggior parte dei produttori fa i crash test utilizzando esclusivamente manichini “maschili”. Il progetto E.V.A. dimostra che le donne sono esposte ad un rischio maggiore di subire determinate lesioni in caso di incidente automobilistico. Ad esempio, già le differenze anatomiche e di forza della muscolatura del collo, tipiche della donna e dell’uomo medio, implicano che le donne hanno una maggiore probabilità di subire traumi da colpo di frusta. Volvo ha creato già nel 2000 Linda, il primo dummy virtuale di donna incinta. “Il paradosso”, come ricorda Simonetta Lo Brutto, primo Dirigente della Polizia di Stato, “è che in Italia una donna incinta, se ha il certificato medico, può guidare senza cintura di sicurezza”. Tra l’altro, nel 2018, su un totale di 1.939.424 infrazioni elevate solo dalla Polizia di Stato, ben 98.459 sono state fatte proprio perché non venivano indossate le cinture di sicurezza in auto: si tratta del 5%, ma calcolando che sono ormai obbligatorie dal 1988 e, da quando esistono nel 1959 ad oggi hanno salvato più di un milione di vite, la percentuale dovrebbe essere indubitabilmente zero.

Limite a 180 km/h dal 2020
Gli incidenti in Italia nel 2018 sono calati dello 0,5% rispetto al 2017, con quelli mortali in diminuzione del 3,3%. Certo un numero positivo ma ancora insufficiente e il nostro Paese non riuscirà a rispettare i limiti previsti dall’Europa. Sappiamo che una buona parte di questi sono dovuti alla velocità, che è una delle tre aree su cui sta puntando Volvo per azzerare gli incidenti. La Casa Svedese ha annunciato che, a partire dal 2020, le sue auto avranno un limite massimo di velocità pari a 180 km/h. Una decisione forte che lancia un messaggio chiaro e inequivocabile, sia ai clienti che a tutta l’industria auto. Ma non l’unico. Volvo infatti sta studiando anche la possibilità futura di limitare automaticamente la velocità nei pressi di scuole e ospedali abbinando un dispositivo di controllo della velocità intelligente alla tecnologia di geofencing.

Care key
Ancora tecnologia per limitare la velocità massima dell’auto, ma anche per ottenere vantaggi sul premio assicurativo. Care Key permette ai possessori di una Volvo di impostare un limite di velocità sulla vettura per loro stessi, per i familiari e per gli amici. Verrà fornita di serie su tutte le auto Volvo a partire dal Model Year 2021. Per Crisci “Care Key è geniale perché può essere data anche ai neopatentati” che così possono guidare un’auto di livello superiore ma con le limitazioni di potenza e velocità imposte a chi ha la patente da poco. Non solo più sicurezza, perché Care Key potrebbe portare benefici anche in termini economici. Volvo infatti sta incontrando le compagnie assicurative, in diversi mercati, per invitarle a proporre polizze più convenienti ai clienti  che adotteranno queste dotazioni di sicurezza. Sandro Vedovi, della Fondazione ANIA, ha confermato che l’introduzione delle nuove tecnologie può aiutare a ridurre i costi assicurativi dell’incidentalità ma anche quelli sociali, che complessivamente in Italia sono pari a circa 19 miliardi di euro, secondo i dati del Ministero dei Trasporti. Sistemi di sicurezza che, auspicabilmente, dovrebbero essere obbligatori e non disattivabili.

Telecamere e sensori di bordo
Gli altri punti su cui sta concentrando gli sforzi Volvo sono la guida in stato di alterazione e la distrazione. Del resto il 94% degli incidenti stradali dipende da errori umani. Ecco quindi che Volvo interviene all’inizio del 2020, con la prossima generazione della piattaforma scalabile SPA2: tutti i suoi modelli saranno dotati di telecamere e altri sensori che monitorano il guidatore e consentono all’auto di intervenire se l’automobilista è distratto. Se chi guida non reagisce ai segnali di allerta e potrebbe causare un grave incidente ecco che l’auto riduce la velocità, richiede assistenza chiamando Volvo on Call e, in ultima istanza, si arresta progressivamente fino a parcheggiare in sicurezza. L’auto vigila e controlla il guidatore e si sostituisce a lui in determinate condizioni. Una scelta forte, con la quale Volvo apre un dialogo per stabilire se i costruttori di auto hanno il diritto, se non addirittura la responsabilità, di installare tecnologie a bordo delle automobili in grado di modificare il comportamento dei guidatori. Illuminante, a riguardo, è il parere dell’ex pilota Ivan Capelli: “sensori e telecamere svolgono la funzione che è stata degli ingegneri di pista”, quindi non bisogna sentirsi minacciati quando piuttosto aiutati da questa tecnologia. Tenendo presente che anche nel motorsport è stato difficile da digerire sia collare HANS che Halo ma sono poi diventati degli standard di cui non si discute più.

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