Parte dal primo aprile il nuovo schema di rivalutazione delle pensioni per il triennio 2019-2021 previsto dalla legge di Bilancio. Per i trattamenti superiori a tre volte il minimo cioè 1.522 euro al mese ci sarà un piccolo taglio rispetto agli aumenti previsti se non ci fossero stati interventi. Fa eccezione chi prende tra i 1.539 e i 2.052 euro lordi, che avrà comunque un mini vantaggio. Nei prossimi mesi l’Inps chiederà il conguaglio di quanto indebitamente dato nei primi tre mesi dell’anno, perché la nuova perequazione andava applicata già dal 1 gennaio.

I sindacati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil hanno annunciato l’avvio della mobilitazione dei pensionati per protestare contro la “totale mancanza di attenzione” del governo lamentando proprio che “l’unica misura messa in campo è stata quella del taglio della rivalutazione” mentre “la tanto sbandierata pensione di cittadinanza invece finirà per riguardare un numero molto limitato di persone e non basterà ad affrontare il tema della povertà“. Tre le assemblee fissate per il prossimo 9 maggio a Padova, Roma e Napoli mentre una manifestazione nazionale si terrà il 1° giugno in piazza del Popolo a Roma.

L’Inps in una circolare appena pubblicata spiega che i trattamenti interessati dalla rimodulazione della perequazione sono 5,6 milioni. Per circa 2,6 milioni delle posizioni interessate la riduzione media mensile risulta di 28 centesimi. Per i trattamenti fino a tre volte il minimo la rivalutazione è piena mentre per le altre andrà dal 97% per i trattamenti tra le tre e le quattro volte il minimo (da 1.522 a 2.029 euro al mese) al 40% per quelle superiori a 4.569 euro. Se le pensioni fino a 1.522 euro avranno un incremento dell’1,1% quelle oltre le nove volte il minimo recupereranno solo lo 0,44% (vedi tabella). Comunque il taglio, rispetto alla normativa precedente, supererà i 25 euro al mese solo per chi riceve un assegno oltre 10 volte il minimo.


Nei prossimi mesi l’Inps chiederà il conguaglio di quanto indebitamente versato nei primi tre mesi con modalità che devono ancora essere comunicate. L’operazione di ricalcolo effettuata dall’Istituto “ha riguardato i trattamenti di importo complessivo lordo superiore a tre volte il trattamento minimo. Per importo complessivo lordo s’intende la somma di tutte le pensioni di cui un soggetto è titolare, erogate sia dall’Inps che dagli altri Enti presenti nel Casellario centrale, assoggettabili al regime della perequazione cumulata. Dal ricalcolo l’importo lordo complessivo dei trattamenti pensionistici, dovuto da gennaio 2019, risulta inferiore a quello già calcolato sulla base dei criteri previgenti alla riforma”.Senza interventi, quest’anno sarebbe tornata in vigore la legge 388 del 2000 che prevedeva comunque una perequazione piena, pari all’1,1% dell’assegno, solo per gli assegni inferiori a tre volte il minimo. Cioè 1.539 euro, visto che nel 2019 il minimo è salito a 513 euro. Gli assegni tra tre e cinque volte il minimo (da 1.539 a 2.565 euro) sarebbero stati rivalutati solo di uno 0,99% e quelli oltre cinque volte il minimo di uno 0,825%.

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