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Venezia, finto matrimonio in chiesa consacrata e sfilata. La Curia condanna ma organizzatori: “Per beneficenza”

Le foto sono finite sui giornali ed è intervenuto il Patriarcato. Gli organizzatori hanno chiesto scusa e in un post su Facebook scrivono: "Questa iniziativa si è contraddistinta, negli ultimi anni, anche per le sue finalità benefiche e non vogliamo che venga deturpata la sua spontaneità e genuinità"

di Giuseppe Pietrobelli

C’è il prete. Ci sono gli sposi. C’è il pubblico di parenti e amici. Tutto perfetto, celebrazione compresa, per un matrimonio nella chiesa dell’Ospedaletto dell’Ire (l’Istituto di Ricovero), sestiere veneziano di Castello. Peccato che il prete sia un attore, il rito sia una recita, le spose siano delle modelle e i fedeli siano in realtà gli invitati a una sfilata di moda. Ma la chiesa è consacrata, anche se da qualche anno non viene usata per funzioni religiose. E così scoppia lo scandalo. Le foto finiscono sui giornali. Interviene il Patriarcato che lancia anatemi. Gli organizzatori chiedono scusa. Ma la frittata è ormai fatta.

La sfilata di abiti nuziali abiti nuziali è stata organizzata dall’agenzia “Sposarsi a Venezia® con Noi, ideata da Wladimiro Speranzoni e Donatella Mola, nell’ambito della ventiquattresima edizione di Fashion Show & Charity Event, che è stata ospitata nell’ex casa di riposo. Le finalità erano benefiche, visto che il ricavato andrà alla Fondazione Città della Speranza e Fondazione Lene Thun. Modelle e modelli di primo piano, visto che erano presenti Riccardo Pagan, già Mister Universo, Pamela Valle già Miss Mondo Sport, Erika Chia e Micol Rossi che sono state le Marie nel Carnevale veneziano. Ma a sfilare c’erano anche atlete di rango, come la velocista Manuela Levorato, la pattinatrice sul ghiaccio Francesca Bettrone, la pattinatrice artistica a rotelle Rachele Campagnol, la paralimpica di atletica Francesca Cipelli, la cantante lirica Federica Voltolina e la presidente del consiglio comunale di Venezia Ermelinda Damiano.

La sfilata è avvenuta nella parte storica del complesso. Poi tutti si sono trasferiti in chiesa dove un finto sacerdote ha celebrato il matrimonio finto e le modelle si sono schierate dietro l’altare per la foto di rito. Quando nella curia patriarcale sono stati informati dell’ormai già avvenuta serata, il Patriarcato di Venezia ha diffuso un durissimo comunicato in cui si spiega che la chiesa non è sconsacrata e va quindi rispettata come luogo di culto. “L’inaccettabile uso deliberatamente commerciale che ne è stato fatto nelle scorse ore, con l’intervento oltretutto di un finto sacerdote in vesti liturgiche, non risulta consono perché profondamente irrispettoso e gravemente lesivo della santità del luogo, nonché oltraggioso della fede e della sensibilità religiosa dei veneziani e della città, tanto da configurare un vero e proprio caso di profanazione”. Termine molto pesante, definitivo. “La Chiesa veneziana, amareggiata, disapprova e condanna quanto avvenuto nell’edificio sacro e si riserva di chiarirne le responsabilità”.

Sotto accusa, oltre agli organizzatori, anche chi ha concesso l’autorizzazione. Il consiglio di amministrazione dell’Ire ha annunciato un’inchiesta amministrativa, preludio ad eventuali cause. Gli organizzatori non avrebbero illustrato in modo dettagliato cosa avrebbero fatto, ma avevano ricevuto delucidazioni sulla sacralità del luogo che andava rispettata. Di solito è la Fondazione Venezia servizi alla persona, che gestisce l’utilizzo della chiesa, a chiedere l’autorizzazione della Curia. In questo caso il compito era stato lasciato agli organizzatori dell’evento. Ma questi, per bocca di Wladimiro Speranzoni, hanno replicato: “Doveva essere Fondazione Venezia a chiedere il permesso alla Curia. Non pensavamo che l’attore teatrale, che ha portato un proprio vestito di scena, con la sua finta cerimonia mancasse di rispetto al luogo. Chiediamo scusa all’Ire e al Patriarcato di Venezia”.

Foto di archivio

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