Sarà perché al Cinema Beltrade abbiamo realizzato alcune tra le più belle feste cinematte degli ultimi anni, con proiezioni cult come The Blues Brothers, Frankenstein junior e Grease. Sarà perché ogni volta che ci vado mi sento accolto e coccolato. Per queste e altre mille ragioni la considero la mia sala cinematografica preferita. E parto dunque da qui. In questo viaggio che vuole raccontare le monosale in una Milano che sta inesorabilmente cambiando, ma che conserva ancora luoghi di resistenza dove ogni giorno si celebra la passione per la settima arte.

Situato in via Oxilia nel quartiere Nolo, è stato rilanciato a partire dall’autunno 2012 grazie alla volontà e alla passione di Paola Corti, che aveva all’attivo una forte esperienza accumulata nei cinema di provincia. Dopo aver fondato con altri soci la Barz and Hippo nel 1996 – società nata come organizzatrice di eventi e rassegne estive – Paola decide di prendere in gestione questa sala in stretta collaborazione con la parrocchia Santa Maria Beltrade che la ospita.

Dopo qualche mese si sceglie un netto cambio di rotta. A parlarne è Monica Naldi, coprotagonista di questo rilancio: “Abbiamo pensato da subito di puntare su film meno vincolati al mercato della grande distribuzione”. Parte così una nuova avventura. Film rigorosamente in lingua originale (si cominciò con il documentario di Fernand MelgarVol Spécial). Il passo successivo fu la multiprogrammazione per consentire al pubblico di poter contare ogni giorno su un’ampia selezione di film. “All’inizio il nostro pubblico era formato da spettatori molto preparati e attenti a quello che proponevamo, in seguito siamo diventati un punto di riferimento anche del quartiere, che ormai non ci considera più un’ astronave atterrata da chissà dove, ma un luogo che si amalgama perfettamente con il resto della zona”. Un cinema come quelli di una volta, che accoglie il pubblico in un ambiente familiare. “Siamo convinte che lo spettatore sia intelligente e abbia imparato e riconoscere la bontà della nostra offerta cinematografica. Prestiamo attenzione al rapporto con il pubblico, ci piace essere considerati come un piccolo negozio dove potersi incontrare e conoscere”. La sala del Beltrade diventa anche un luogo di ritrovo dal momento che, se ci organizza in numero sufficiente, è anche possibile la formula del film a richiesta compatibilmente con gli orari e la programmazione di quel periodo.

Tantissimi gli aneddoti che Paola e Monica, insieme al resto dello staff, composto da Roberta, Marco, Giulia e Francesco, raccontano insieme a storie e ricordi di grande umanità che, ammetto, mi hanno molto divertito. “Una volta, nei primi tempi, la distribuzione di un film di Amos Gitai ci aveva promesso che il grande regista sarebbe venuto a presentare una proiezione. Eravamo molto eccitate. Avevamo la mail della sua segretaria e il telefono cellulare di un suo assistente. Nel pomeriggio pareva tutto a posto. A un certo punto, dato che arrivano da Parigi, proviamo ad accertarci che che tutto andasse bene con il volo ecc.. ma nessuno risponde. Passiamo un pomeriggio sempre più sulle spine, nessuno risponde più a nulla. Arrivano gli spettatori, la sala va esaurita e di Gitai nessuna notizia. Confessiamo agli spettatori che speriamo in un suo arrivo dopo il film ma che non abbiamo la certezza assoluta. Passiamo tutto il film a sudare, anche perché fa un caldo atroce. Apriamo pure, per dare aria ai 200 in sala, il portellone dell’uscita di emergenza. Di Amos ancora nulla. A dieci minuti dalla fine, quando ormai avevamo perso ogni speranza , regista segretaria e assistente arrivano… e si piazzano a vedere la fine del film dall’esterno. Che dire? Volevamo ucciderli, ma è stato bello anche così. Stavano lì a contemplare la sala piena, i titoli di coda e poi ovviamente l’ovazione!”

“Un’altra volta” racconta sempre Monica “stavamo proiettando Sugar Man, c’era Paola in cassa e io in giro. Mentre gli spettatori si vedono il film, Paola si rivolge a me: ‘Guarda che in sala c’è Morando Morandini con sua figlia, quando esce chiedigli l’autografo, lo riconosci, è un signore anziano seduto a metà sala con la figlia’. Ok, rispondo. A fine spettacolo, mentre i primi escono, entro e dò un occhio: a metà sala un signore anziano e una donna più giovane si alzano e vengono verso l’uscita. Li fermo e chiedo se hanno gradito il film, dopodiché chiedo a lui se ci autografa la locandina del film. Lui, un po’ interdetto, ma molto contento, la firma. Dopo che i due sono usciti, Paola mi fa dei gesti… Non era lui! Il vero Morandini per fortuna era ancora in sala, ignaro, lo attendiamo e gli chiediamo l’autografo. Poi però abbiamo appeso in atrio la locandina con la firma dello ‘spettatore comune‘, che abbiamo tenuto praticamente finché non si è decomposta”.

Resto ad ascoltare quei ricordi, è incredibile quanto ci sia da raccontare su ciò che avviene intorno a un cinema oltre che dentro la sala stessa. Per concludere la chiacchierata riporto l’attenzione al presente, chiedendo a Paola se vuole aggiungere qualche considerazione personale sulla situazione attuale, qualche pensiero che magari possa essere utile ad aprire un dibattito o un approfondimento. E Paola non si tira indietro.

“Alcuni esercenti, alcuni distributori, alcuni esperti del settore pensano che la colpa delle sale vuote o mezze vuote sia delle poltrone che non sono abbastanza comode, delle tecnologie di proiezione o dei film che non sono abbastanza sorprendenti. E danno per quasi morto il cinema e magari provano a rinnovare le poltrone ma non cambia nulla. Per molti anni aprire un cinema è stato un investimento subito remunerativo e che fruttava molti soldi, spesso con non molta fatica, c’era meno concorrenza e andare al cinema era un rito settimanale per molte persone, era lo svago dopo una settimana di lavoro. Ora non è più così, ci si deve ingegnare, magari devi proiettare tre film in una settimana anziché uno per tre mesi, ma l’amore per il cinema non è scomparso e molte persone amano ancora andare al cinema. Noi siamo partite senza tante aspettative e soprattutto senza l’aspettativa di diventare ricche e quindi abbiamo un’idea diversa del buon o mal funzionamento del cinema: si sa che nel sistema ci sono dei difetti anche gravi, ma se hai le idee e la passione e vedi il cinema come un luogo dove si va a vedere dei film, si parla di cinema, si condivide questa passione, non è così difficile trovare un pubblico che apprezza e se il tuo obiettivo non è un ritorno economico particolarmente elevato sei già soddisfatta così”.

Ci salutiamo con una foto ricordo nell’atrio del cinema , un autoscatto con Paola, Monica , Roberta e Marco. Ci rivediamo presto. Anzi no, sta iniziando Jules e Jim? Ok, me lo rivedo volentieri. Truffaut sul grande schermo all’ora di pranzo. Succede solo al Beltrade.

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