Bergamo revoca la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, ma senza il voto favorevole del sindaco di centrosinistra Giorgio Gori e dei consiglieri della sua lista. Quando martedì sera il provvedimento proposto dal Partito Democratico e dalla sinistra è approdato in aula è stato approvato grazie a 13 sì. Sufficienti per il via libera, ma appena tre voti di margine rispetto ai 10 no e alle altrettante astensioni, tra le quali si sono contate quella del primo cittadino e dei rappresentanti della lista civica che lo aveva sostenuto alle elezioni di cinque anni fa.
L’atto amministrativo dell’epoca rimane, ma il nome del dittatore fascista viene cancellato dal registro dei cittadini onorari della città di Bergamo. La cittadinanza venne conferita nel 1924 e Gori si era sempre pronunciato in maniera tiepida sulla proposta di revoca. Unanime invece la condanna al regime fascista, mentre – a pochi mesi dal voto alle comunali che eleggerà il prossimo sindaco – i distinguo sono arrivati nel merito dell’opportunità della decisione.
Di fronte alle contestazioni e alla richiesta di spiegazioni riguardo alla decisione di astenersi, il sindaco ha puntualizzato: “Credo che la politica si giudichi dai fatti. Noi abbiamo fatto pratica di antifascismo, richiamando ogni giorno nella nostra azione i valori della Resistenza e della Costituzione”. Nel 1924, ha sottolineato Gori, la città “era in larga misura fascista” e “non mi convince la ricostruzione che tende a ricondurre l’instaurarsi del regime alle sole violenze delle squadracce e al clima di intimidazione”.
“Della storia, anche dei suoi passaggi più bui – ha continuato – è sempre opportuno trattenere memoria e insegnamento. Quale? Per esempio che i popoli non sempre hanno ragione, a volte compiono tragici errori”. Il primo cittadino ha poi concluso: “Non so bene cosa significhi ‘non riconoscere’. Abbiamo deposto il bianchetto. Ma ha senso giudicare un fatto consolidato e storicizzato con criteri temporalmente posteriori? Riconosco il passo avanti, ma non mi convinco fino in fondo, soprattutto dell’irrinunciabilità di questa decisione”.
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