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Alessandro Mendini, morto il rivoluzionario del design: aveva 87 anni

Milanese, classe 1931, è stato un architetto visionario, critico nei confronti del consumismo e perennemente ispirato da letteratura e pittura. La rivista Domus: "Ci lascia uno dei grandi maestri del nostro tempo"

di F. Q.

È morto lunedì nella sua casa milanese l’architetto Alessandro Mendini. Aveva 87 anni. Artista visionario protagonista di una rivoluzione del design nel secondo Dopoguerra, era nato il 16 agosto 1931 a Milano, dove si era poi laureato, in Architettura, al Politecnico. “Ci lascia uno dei grandi maestri del nostro tempo”, scrive la rivista Domus nell’edizione online dando notizia della scomparsa. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti da Mendini, due Compassi d’Oro nel 1979 e nel 1981, la laurea honoris causa dal Politecnico di Milano, l’European Prize for Architecture Awards nel 2014 e la nomina a Chevalier des Arts et des Lettres in Francia.

Deve la sua celebrità alla poltrona Proust (1978) per Alchimia edizioni design e alle innumerevoli collezioni di oggetti firmati per Alessi, come il cavatappi Anna G, oltre a una moltitudine di manufatti per le più importanti aziende di design italiane e internazionali, come la lampada Amuleto per Ramun. Nella sua produzione architettonica si ricordano il Groninger Museum in Olanda, le fabbriche Alessi, il Forum Museum di Omegna (1996) e la Torre del paradiso a Hiroshima.

Associato in un primo momento allo studio Nizzoli (1960-1970), Mendini è stato tra i più noti e apprezzati designer contemporanei, protagonista fin dagli anni Settanta del rinnovo della produzione made in Italy grazie alla sua adesione a numerose avanguardie del Radical Design (tra le altre Alchimia, primo luogo delle sperimentazioni sul tema della decorazione, che gli valsero un Compasso d’Oro nel 1981) e a un’instancabile partecipazione al dibattito teorico.

La sedia ‘Lassù’, tanto alta da doversi arrampicare, la “Valigia per l’ultimo viaggio”, un bagaglio in pietra impossibile da sollevare: risalgono ai primi anni della sua carriera, tra il 1974 e il 1975, le opere poi categorizzate come ‘oggetti ad uso spirituale’, che mirano a sganciarsi dalla consueta razionalità d’uso intrinseca alla loro natura, per far riflettere sulla natura transitoria degli oggetti, ma anche dell’esistenza umana.

Mendini ha diretto le riviste Casabella (dal 1970 al 1976), Modo (dal lui fondata nel 1977 e guidata fino al 1981) e Domus (1979-1985; 2010-2011), alla cui direzione fu in principio chiamato da Gio Ponti, in procinto di lasciare per raggiunti limiti d’età. Fra i suoi scritti più celebri, si ricordano ‘Paesaggio casalingo’ (1979), ‘Architettura addio’ (1981), ‘Progetto infelice’ (1983), ‘Existenz maximum’ (1990): è in questi lavori che ha messo a punto concetti come ‘design neo-moderno’, ‘casa banale’ e redesign.
Ha collaborato con aziende come Zanotta, Alessi, Swatch, Philips, Venni, Bisazza e Cartier.

Tra i suoi lavori in campo architettonico, figurano anche il Teatrino della Bicchieraia ad Arezzo (1998), la ristrutturazione urbanistica del quartiere Maghetti a Lugano (1998), il rinnovo della Stazione Termini a Roma (1999), il restauro della Villa Comunale (1999) e di tre stazioni della metropolitana a Napoli (2000), la nuova Fiera e la nuova sede della Triennale di Milano a Incheon, in Corea del Sud (2008-2009).
Mendini è stato fortemente critico, fin dagli esordi, nei confronti della società dei consumi e costantemente in bilico tra ispirazioni provenienti dalla letteratura e dalle immagini di quadri e pitture, che lo hanno accompagnano fin dall’infanzia.

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