Un concerto speciale che vede tra i protagonisti anche sei persone non udenti, un’opera sperimentale che mette al centro dell’evento l’inclusione sociale, pensato e realizzato per una fruizione totale che coniuga udenti e sordi in un’unica esperienza straordinaria. Si tratta di Silent, visioni dal limite della percezione di Gabriele Marangoni che si terrà il 29 gennaio al Lugano Arte e Cultura. Il concerto è stato organizzato da Secret Theater Ensemble e Tempo Reale con in sostegno di Fondazione UBS per la cultura e della SGB-Federazione Svizzera dei Sordi. Silent è concepito come un unico flusso di 75 minuti costruito attraverso una partitura che nasce da materiali sonori che le persone sorde sono in grado di elaborare, di percepire e controllare, come ad esempio il respiro, la percussione dei denti, l’utilizzo del corpo.

L’ideatore del progetto inclusivo si chiama Gabriele Marangoni e con questo spettacolo inedito ha voluto riconsiderare il suo concetto di musica e di suono, valorizzando soprattutto le persone non udenti e facendole sentire parte di un progetto inedito. “Ho voluto rivalutare il concetto di normalità – spiega Marangoni -, mettendo in discussione luoghi comuni. Per farlo sono entrato a diretto contatto con la realtà delle persone sorde, con il mondo della sordità dove il limite della percezione è estremo”. Si tratta di un lavoro di gruppo molto lungo e non sempre semplice, ore e ore di prove molto particolari. “E’ un evento complesso da realizzare soprattutto perché stiamo parlando di persone che non hanno studiato musica al conservatorio né hanno mai suonato in vita loro”, precisa l’ideatore. Valore aggiunto è stato l’apporto di differenti professionisti che si sono voluti mettere in gioco, offrendo alta competenza e grande curiosità e passione per le novità assolute”.

Secret Theater Ensemble ha messo a disposizione Francesca Della Monica (voce femminile), David Benini (voce maschile), Dargo Raimondi (contrabbasso), Simone Beneventi (percussioni) che diventano come degli strumenti che interagiscono insieme ai sordi. Rilevante l’apporto anche di una producer preparata a gestire il tutto come è Giulia Soravia. Ma come si prepara un concerto del genere? “Si inizia con i workshop e con lo studio acustico del luogo che ospiterà il progetto, poi la progettazione dell’installazione tattile che permette ai sordi sul palco di percepire il suono attraverso la vibrazione progettata da Micol Riva e poi la fase finale e più energica è quella delle prove d’insieme nel teatro. “L’aspetto più bello per me – continua Marangoni – è sempre quando mi accorgo guardando dalla platea che tutte le persone sul palco, insieme, stanno compiendo una magia, visto questo poi non esistono più gli aspetti difficili. La parte fondamentale di tutto il progetto è la sezione di elettronica sviluppata con il centro di ricerca musicale Tempo Reale di Firenze e affidata al live di Damiano Meacci e Francesco Canavese”. Tutti questi elementi vengono poi armonizzati dal direttore d’orchestra Dario Garegnani fino ad arrivare alla particolare dimensione sonora del concerto Silent, costituita da enormi e potentissime onde sonore in equilibrio con il più minuto dei respiri dove performer non udenti, preparati da Aurora Cogliandro, dialogano in totale sincronia insieme a musicisti professionisti.

Che tipo di pubblico desiderano attirare gli organizzatori? “Anche se da un punto di vista musicale Silent ha un’estetica sperimentale e non ovvia credo che ci sia una componente umana fortissima che si rivolge a tutti, ad un ampissimo spettro di pubblico che potrà interagire attraverso la percezione tattile del suono” racconta a Ilfattoquotidiano.it Marangoni che ha studiato ai conservatori di Milano e Lugano oltre che all’Università di Torino, ora è docente al conservatorio di Cagliari. Il pubblico inoltre, sia udente che sordo, avrà anche a disposizione una sfera d’aria attraverso la quale percepire il suono come vibrazione. “Silent è come una spirale: consiglio al pubblico di lasciarsi avvolgere, perché tra le sue spire c’è la possibilità di entrare in una dimensione da dove è possibile riorganizzare molte delle cose a cui siamo o ci hanno abituati”. Come può essere definito questo concerto? A dirlo è proprio l’artefice del progetto: “E’ un atto rivoluzionario e credo debba essere presente sui palcoscenici importanti italiani, come ad esempio quando abbiamo realizzato la Prima al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia grazie alla lungimiranza del direttore artistico Roberto Fabbi”.

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