I fitness tracker, orologi che s’indossano durante l’attività sportiva, sono strumenti usati da atleti professionisti e dilettanti perché tengono traccia del percorso che si compie, di quanto tempo si impiega e molto altro. Per chi non ha nulla da nascondere sono un’ottima idea, in caso contrario possono rivelarsi degli spioni. Ne sa qualcosa Mark “Iceman” Fellows, trentanovenne inglese appassionato di maratone e di ciclismo nonché sicario della criminalità organizzata.

Sospettato di due omicidi, è stato inchiodato dalla giuria della Crown Court di Liverpool anche per colpa del suo Garmin Forerunner. La cronaca dell’accaduto è piuttosto semplice: le forze dell’ordine sospettavano che fosse colpevole di due omicidi. Stavano indagando su di lui, quando hanno visto una sua foto mentre correva la mezza maratona Great Manchester 2015. Si vedeva chiaramente che indossava un fitness tracker.

I detective hanno trovato il dispositivo a casa sua e, una volta esaminato, hanno controllato i dati GPS. Qui la scoperta: Fellows aveva tenuto traccia delle “missioni di ricognizione” che aveva fatto per pianificare gli omicidi, con la stessa precisione con cui monitorava le sue maratone. Due mesi prima del primo omicidio, per esempio, risultava un’attività di 35 minuti vicino al luogo dell’omicidio. I dati del fitness tracker non erano legati a un account pubblico, ma erano tutti nella memoria locale, e questo è bastato.

Nel caso di Fellows il fitness tracker ha permesso di incarcerare un assassino, ma le registrazioni dei fitness tracker non sempre portano a sviluppi positivi. Anzi. Sono stati proprio gli orologi hi-tech indossati dai militari statunitensi a svelare le posizioni delle basi a Mogadiscio, in Iraq, a Bagdad, a Mosul e nella provincia di Anbar. Quelli italiani invece hanno svelato dove’era la base di Herat in Afghanistan.

Perché vi starete chiedendo? Perché l’unico modo per tenersi in forma in queste desolate zone di guerra è fare jogging, e l’unico posto sicuro in cui correre è sul perimetro delle basi. Tutti usavano l’app Strava (una sorta di social network per atleti) per monitorare l’attività fisica, oltre che per innescare sfide fra commilitoni su tempi e distanze. Il problema è che sfruttando il GPS, Strava segnala ogni giro di corsa con una traccia luminosa. Nel caso delle basi, ne “disegnava” il perimetro esatto.

La scoperta è stata fatta da Nathan Ruser, studente australiano ventenne, che si è posto una semplice domanda: “se i soldati usano l’app come fanno le persone comuni, ossia attivandola quando si allenano, svelano la loro posizione?” Non c’è voluto molto a controllare, e vedere che sì, il perimento attorno alle basi era acceso come un albero di Natale. Dato che è trascorso un anno da quando è circolata questa notizia, si presume che si sia trovata una soluzione brillante (ma non luminosa) al problema.

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